martedì 6 febbraio 2018

La Cabina di Trasformazione MT/BT - Prima parte


La Cabina di Trasformazione MT

Parti costituenti


Per cabina di trasformazione si intende quel complesso di macchine, apparecchi e strumenti destinati a trasformare l’energia elettrica a media tensione consegnata dall’Ente Distributore in una energia avente una tensione adatta agli scopi e alle lavorazioni che interessano l’utente.
Generalmente la tensione trasformata assume valori di 220 – 380 V, atti a far funzionare gli apparecchi utilizzatori.
Le cabine di trasformazione possono essere installate all’interno o all’esterno di fabbricati, per esempio montate su pali (cabine rurali). In una cabina si distinguono varie parti, che possono assumere disposizioni diverse.
Esamineremo queste parti, procedendo da monte a valle, cioè dalla consegna dell’energia a media tensione alla distribuzione della stessa a bassa tensione. 
1) Gruppo di Misura
È il complesso di apparecchi e strumenti che servono a misurare la quantità di energia assorbita dall’utente. Tale complesso viene installato dall’Ente Erogatore e conseguentemente è di sua proprietà.
Lo schema di inserzione che viene normalmente adottato dalle Società Elettriche viene denominato By-Pass. Lo scopo di questa inserzione è di consentire la continuità del servizio quando, per una qualsiasi ragione - ad esempio per il guasto di un riduttore - sia necessario escludere il gruppo, senza interrompere la continuità del servizio.
Per ottenere ciò, vengono inseriti un complesso di sezionatori destinati a escludere i riduttori di tensione e cortocircuitare i riduttori di corrente. Il complesso descritto può essere realizzato con comandi simultanei per permettere all’operatore di compiere l’inserzione e la disinserzione del gruppo con un’unica manovra.

      2)   Gruppo di Media Tensione
È l’insieme costituito dai conduttori, dagli isolatori e dalle apparecchiature di manovra, che consentono il passaggio della energia a media tensione dal punto di consegna ai trasformatori.
È costituito da cavi isolati in funzione della tensione di impiego o da conduttori nudi sostenuti da isolatori.
I circuiti di media tensione delle cabine di trasformazione possono essere realizzati con costruzione in vista o protetti. La costruzione a vista rappresenta una soluzione economica e dà sufficienti garanzie di sicurezza, tenuto conto che nei locali può accedere solamente personale specializzato.
Le cabine protette, invece, sono usate per lo più all’interno di stabilimenti industriali, in modo da effettuare la trasformazione nei pressi dei gruppi utilizzatori.
In quest’ultimo caso la connessione tra interruttore automatico e trasformatore deve essere realizzato con un breve tratto di cavo. Il trasformatore potrebbe avere i morsetti primari in olio e non accessibili dall’esterno, con notevole vantaggio per la sicurezza degli operatori.
Prefissato lo schema elettrico della cabina da realizzare, il suo dimensionamento viene eseguito essenzialmente in base al tipo e al numero di collegamenti delle linee a M.T., nonché al numero e alla potenza dei trasformatori. Il dimensionamento è invece indipendente dal valore nominale della tensione di alimentazione, che attualmente si assume pari a 20kV.

3) Trasformatori   
Sono gli apparecchi fondamentali che consentono la trasformazione dell’energia elettrica da media a bassa tensione. Il numero di trasformatori può variare da uno a più elementi, a seconda delle esigenze.

      4) Gruppo di Bassa Tensione
Risulta costituito da conduttori che collegano la parte a bassa tensione del trasformatore con il quadro di distribuzione, a sua volta formato dalle apparecchiature di manovra e dagli strumenti di misura.
In alcuni casi vengono utilizzate batterie di condensatori di rifasamento.

        5)  Circuito di Messa a Terra
È costituito dalle apparecchiature che servono a collegare al circuito di protezione che si trova a potenziale zero tutte le parti metalliche che accidentalmente potrebbero assumere un potenziale rispetto a massa pericoloso per gli operatori.

      6)   Protezioni
Sono tutte le apparecchiature necessarie a proteggere le macchine e le persone da eventuali guasti.

Dimensionamento Meccanico dei conduttori di MT

I conduttori di rame possono essere costituiti da tondini o da piattine di rame. Per quanto riguarda la sezione di questi conduttori le norme CEI prescrivono un valore di 20 mmq (d = 2.5.mm): non esistono quindi particolari problemi di dimensionamento elettrico, se si considera che, per esempio, un trasformatore di 630 kVA assorbe solo 18 A. Per ragioni di resistenza meccanica in ogni caso si adottano conduttori nudi in tondino di rame di diametro non inferiore a 10 mm (S = 80 mmq). Pur attenendosi a queste regole dettate dalla pratica, occorre tuttavia effettuare una rigorosa verifica teorica, considerando per il dimensionamento dei tondini gli sforzi elettrodinamici dovuti a eventuali correnti di corto circuito.
Lo sforzo a cui sono sottoposti i conduttori, in caso di corto circuito, espresso in kg/m, è dato da:
dove:
d = 0.8 kV + 8 in cm
F: forza di attrazione o di repulsione, in kg
L: lunghezza dei conduttori paralleli, in cm
d: distanza tra due conduttori, in cm
I: valore massimo della corrente limite dinamica, in A
Lo sforzo in kg/mmq al quale è sottoposto il rame è determinato dalla formula:
                                       dove l è la distanza in metri tra gli appoggi.
Sapendo che tale sforzo risulta uguale o inferiore alla d ammissibile dal rame (dCu = 20 kg/mmq), potremo determinare il raggio del tondino che soddisfi le condizioni imposte.
Infatti:





In secondo luogo, ai fini di una corretta installazione, occorre considerare anche la distanza che i conduttori devono avere verso massa (mensole portanti, muri ecc.).
I conduttori lungo il percorso devono essere sostenuti da terne di isolatori poste alla distanza di un metro o al massimo di 1.2 metri.
Questa norma, che potrebbe in qualche caso apparire esagerata, è essenziale e la sua utilità si rileva in caso di corto circuito. Infatti, a monte del punto dove è avvenuto il corto circuito, i conduttori, sotto la spinta di notevoli forze elettrodinamiche, tendono a congiungersi, sottoponendo gli isolatori a notevoli sforzi meccanici. Tali sollecitazioni si manifestano con maggiore violenza nei punti dove le distanze fra i sostegni sono maggiori.
Un’altra norma da osservare è quella di non disporre i conduttori al di sotto degli isolatori, fissando questi in posizione rovescio, al fine di evitare gli inconvenienti che possono derivare da una eventuale rottura degli isolatori. Infatti, in seguito a un tale evento, causato da variazioni di temperatura o da sforzi elettrodinamici, il filo, aggravato dal peso dell’isolatore stesso, tenderebbe a diminuire le distanze di sicurezza, con conseguenti scariche verso massa.
In fase di realizzazione del circuito di MT, per eventuali raccordi e derivazioni di linea si utilizzano i giunti riportati in figura.
Apparecchi di Comando e Protezione in MT

Procedendo da monte a valle del circuito di MT, notiamo che esso è costituito dai seguenti organi di comando e protezione:

      1)   Sezionatore con lama di messa a terra
      2)  Interruttore a volume di olio ridotto

Talvolta per cabine di piccola potenza (con correnti di alcune centinaia di Ampere) gli organi di comando e protezione possono essere realizzati con adeguati interruttori di manovra (o sezionatori sotto carico) corredati di fusibili. Quest’ultima soluzione non è tecnicamente molto valida, come vedremo in seguito, ma permette di diminuire considerevolmente i costi della cabina. Nel caso che la cabina comprenda più di un trasformatore, su ogni ramo derivato vanno installati gli stessi organi menzionati ai punti 1 e 2, con una differenza: il sezionatore non deve essere fornito di lama di messa a terra. Anche in questo caso, per ragioni economiche, tali organi possono essere sostituiti da sezionatori sotto carico.

Sezionatore:
I sezionatori hanno la funzione di permettere la separazione di una parte del circuito di bassa, media o alta tensione dalla parte rimanente dell’impianto. Essi vengono di norma manovrati sul posto dove sono installati e l’apertura dei contatti avviene nell’aria. Devono essere collocati in posizioni perfettamente visibili, in modo che il personale addetto al servizio possa controllare se quella determinata parte del circuito risulti effettivamente ed evidentemente separata dal resto dell’impianto e quindi accessibile con tutta sicurezza.
In ogni caso i sezionatori devono essere costruiti e installati in modo che non si chiudano per peso proprio e che l’operatore possa eseguirne la manovra in condizioni di assoluta sicurezza: in particolare le leve, le aste o le catene che realizzano le trasmissioni meccaniche per il comando a distanza devono essere messa a terra e restare sufficientemente lontane dalle parti in tensione, anche in caso di rottura.
La sezione della lama va dimensionata in base alla corrente nominale che percorre il sezionatore ed anche in base alla sua lunghezza, per garantirne la necessaria rigidità meccanica. Per medie tensioni tale sezione è generalmente rettangolare, mentre per alte tensioni si adottano sezioni a tubo schiacciato, a doppia lama o con profilature varie.
Nei tipi più comuni e fino a un certo limite di lunghezza, la lama viene imperniata in corrispondenza di una estremità, mentre l’altra estremità va ad inserirsi in apposite sedi a molla.
In ogni caso i sezionatori devono servire, come è ben noto, a isolare una determinata porzione di circuito dal resto dell’impianto, ma mai ad interrompere il carico ad una data linea o macchina, compito questo affidato esclusivamente agli interruttori.
La manovra dei sezionatori perciò potrà essere effettuata bensì sotto la tensione, ma mai sotto corrente; ciò allo scopo di evitare la formazione di archi fra i contatti all’atto della apertura dei sezionatori. È pertanto da osservare che, in presenza di tronchi di linea di grande lunghezza e soprattutto di estese reti in cavo, la manovra dei sezionatori può dare luogo alla formazione di archi di apertura anche se si effettua quando il carico è nullo: ciò avviene a causa della corrente a vuoto che attraversa i sezionatori per effetto della capacità propria del tratto di linea a valle. Ad evitare la persistenza dell’arco, l’apertura dei sezionatori deve essere fatta con manovra rapida e decisa, anche se eseguita a mano.
Nel campo delle medie tensioni i sezionatori possono essere costruiti nella esecuzione “per interno” e “per esterno”; la differenza consiste essenzialmente nella forma degli isolatori di sostegno: liscia per i primi, fortemente alettata invece in quelli per esterno.
I due parametri che definiscono le caratteristiche elettriche di un sezionatore sono la tensione nominale, che è il valore efficace della massima tensione degli impianti in cui può essere utilizzato, e la corrente nominale, che definisce il valore efficace della corrente che esso può sopportare indefinitamente senza surriscaldi particolari rispetto alla temperatura di regime dei conduttori su cui è inserito.
In generale i sezionatori possono essere del tipo a comando unipolare oppure tripolare simultaneo. Il primo sistema viene usato solo negli impianti di modesta importanza a media tensione; la manovra viene in tal caso eseguita con il fioretto, che è una lunga asta isolante munita di gancio da inserire nell’apposito occhiello della lama del sezionatore. Durante la manovra l’operatore si deve porre su una pedana isolante. Più rapida e razionale è invece la manovra a leva con aste isolate di rinvio, agenti simultaneamente su tutti i poli del sezionatore opportunamente collegati. La leva di comando deve essere in tal caso elettricamente collegata a terra. La manovra di questi sezionatori può essere facilmente rinviata a distanza con opportune trasmissioni.
Molte volte al sezionatore vero e proprio è accoppiato un sezionatore di messa a terra per lavori. Per evitare di chiudere il sezionatore di terra quando l’altro non è ancora aperto, si possono adottare, oltre ad eventuali interblocchi elettrici, dei semplici dispositivi meccanici di blocco reciproco fra i due sezionatori.

Interruttore a volume di olio ridotto:
L’interruttore automatico in olio è un apparecchio che nella cabina di trasformazione assume un ruolo di capitale importanza. La sua scelta deve rispondere alle esigenze tecniche della cabina e subordinando poi ad esse il fattore economico; dalla sua perfetta efficienza dipende la limitazione dei guasti sul trasformatore. In questi interruttori l’arco viene fatto scoccare entro una camera di estinzione piena di olio. L’energia liberata dall’arco fa vaporizzare e decomporre una certa quantità di olio circostante, formando una bolla gassosa costituita in massima parte da idrogeno; l’elevata pressione istantanea di questa bolla viene utilizzata per produrre un violento movimento della massa d’olio, con il risultato di spingere dell’olio fresco a sostituirsi alla massa gassosa fortemente ionizzata in cui si è innescato l’arco, determinando così lo spegnimento dell’arco. Anche s e esistono varie forme costruttive, tuttavia è necessario che le caratteristiche alle quali essi devono rispondere siano sempre consoni alle esigenze e alla natura del servizio.
Passiamo ad esaminare rapidamente queste caratteristiche:

1)    Tensione nominale di esercizio
Rappresenta il valore efficace della tensione alla quale si riferiscono le condizioni di prova. Per la scelta è buona norma che la tensione di targa sia superiore di un terzo alla tensione effettiva di esercizio.
2)    Corrente nominale
Rappresenta il valore efficace della massima corrente di esercizio continuo per la quale l’interruttore è costruito. In generale non si costruiscono interruttori con portate inferiori a 200 A, perché i contatti e i loro supporti non vengono dimensionati in base a un criterio elettrico bensì tenendo conto delle esigenze meccaniche. La corrente nominale deve essere almeno il doppio di quella di esercizio.
3)    Potere di interruzione
Rappresenta il valore efficace della massima corrente di sovraccarico accidentale che l’interruttore può interrompere, essendo inteso che tale corrente può essere interrotta qualunque sia la componente unidirezionale. Tale capacità di rottura viene espressa in MVA o in MA.
La scelta del potere di interruzione non viene effettuata basandosi sulle potenze installate nella cabina, bensì considerando la potenza a monte del cavo o della linea elettrica che alimenta la cabina. Poiché tali valori sono difficilmente conosciuti da parte dell’installatore, essendo di competenza dell’Azienda Distributrice, sarà buona norma richiedere il dato all’Ente Distributore. Il dimensionamento dell’interruttore va fatto in base a questo valore.
Gli apparecchi che determinano l’apertura dell’interruttore sono i relè, tarati in modo da predisporre il loro intervento in corrispondenza del valore di corrente oltre il quale il trasformatore potrebbe subire danneggiamenti gravi. Tali relè vanno inseriti con inserzione diretta o indiretta, tramite trasformatori di corrente. Nelle cabine di media potenza (fino a 100 kVA) l’inserzione più adoperata, per motivi economici, è quella diretta.

Trasformatori

Il trasformatore costituisce la parte fondamentale della cabina e deve essere scelto con la massima cura. Nota la potenza totale di progetto, pari al carico convenzionale dell’impianto, e il fattore di potenza, occorre stabilire le unità di trasformazione da installare. Le taglie hanno valori normalizzati, derivanti fondamentalmente dalla serie di renard (1016 1.6).
Quando la cabina è posta in un edificio civile o il quantitativo complessivo dell’olio contenuto nei trasformatori è superiore a 500 kg, si deve prevedere una vasca per la raccolta dell’olio stesso, qualora questo fuoriesca dalle macchine. Sotto ogni trasformatore deve costruito un pozzetto di raccolta dell’olio con sifone deflammante. Il pozzetto deve avere dimensioni leggermente superiori ai bordi esterni della macchina, deve avere il fondo inclinato, convergente al centro e facente capo a un tubo di scarico.
La parte iniziale di questo tubo deve essere a sifone molto pronunciato o a collo d’oca. Una pendenza piuttosto forte servirà a convogliare l’olio in una vasca impermeabile, posta preferibilmente nel locale stesso. Nel caso di guasto grave del trasformatore, tale da provocare lo scoppio della cassa e l’incendio dell’olio, quest’ultimo viene convogliato rapidamente verso la vasca attraverso il sifone, che, per la sua conformazione, impedisce che la combustione continui nella vasca stessa.
Per macchine di potenza modesta si può ricorrere a pozzetti prefabbricati.
I trasformatori, per facilitarne lo scorrimento, possono essere forniti di rulli. Sopra il pozzetto di raccolta si pongono due guide a forma di rotaia o a T. Una volta collocato il trasformatore sulle guide, lo si fissa mediante appositi bulloni posti vicino ai rulli.

I trasformatori sono caratterizzati dai seguenti parametri elettrici nominali: potenza, frequenza, tensione primaria, tensione secondaria, tensione di corto circuito, collegamento degli avvolgimenti, gruppo, perdite nel rame e nel ferro. Tali dati sono stati formalizzati dalle Società Distributrici. Ogni trasformatore è munito di un certo numero di accessori, tra i quali i più importanti sono il commutatore di prese nell’avvolgimento primario (da manovrare a trasformatore disinserito), il conservatore dell’olio, il relè Buchholz ecc. (per trasformatori oltre i 400 kVA).
Quando la richiesta della potenza nominale è limitata ad una giornata di otto ore lavorative, è consigliabile installare anche un trasformatore di potenza ridotta (10 – 15 kVA), che entrerà in funzione nelle ore non lavorative, per provvedere al servizio illuminazione. L’inserzione di tale trasformatore comporta un risparmio di energia, in quanto minori saranno per esso le perdite nel ferro. Inoltre si evita di far lavorare i trasformatori di maggiore potenza a basso carico e quindi con un cosj inaccettabilmente basso. In mancanza di una precisa richiesta del cliente è necessario determinare a priori il valore della potenza massima contemporanea richiesta durante il ciclo lavorativo, considerando il coefficiente di contemporaneità, di utilizzazione e le perdite proprie del trasformatore.

La potenza di un trasformatore è limitata dalla temperatura che esso assume durante il funzionamento, essendo questa in relazione al carico e al tipo di raffreddamento adottato.
Occorre comunque tener conto che la vita utile dell’isolante, secondo la regola pratica di Montsinger, si riduce alla metà per incrementi della temperatura di 6-7°C.
Occorre perciò che i trasformatori a raffreddamento naturale siano installati in un ambiente nel quale la temperatura non assuma valori troppo alti. Di qui la necessità di provvedere alla ventilazione del locale stesso.
Sulla parete prospiciente ogni macchina e più in basso possibile occorrerà praticare una finestra, generalmente 60 x 80 cm dalla quale possa entrare aria fresca, che, investendo le alette di raffreddamento del trasformatore, ne asporta il calore. Quest’aria, riscaldandosi, si dilaterà, salendo verso il soffitto. Nella parte superiore della cabina occorrerà aprire una finestra, la cui luce sia pressappoco quella della finestra di immissione di aria fredda. Così facendo verremo a creare una circolazione di aria che manterrà le macchine a una temperatura di poco superiore a quella normalmente assunta dall’ambiente. La costruzione delle finestre deve essere fatta in modo che da esse non possano entrare animali (topi, uccelli) e acqua di infiltrazione. Nel caso che vengano realizzati camini per migliorare l’aerazione del locale, essi devono sopraelevarsi almeno di 50 cm dal tetto.

La scelta dei collegamenti da realizzare sugli avvolgimenti primari e secondari è di grande importanza per il tipo di utenza che si vuole alimentare, per il buon funzionamento delle macchine e per l’esecuzione del parallelo con gli altri trasformatori. Se si desidera disporre sulla BT di due valori di tensione, concatenata e di fase, l’avvolgimento deve essere realizzato a stella o a zig-zag, con il punto neutro accessibile.
Nei trasformatori normalizzati l’avvolgimento di BT è normalmente collegato a stella, per permettere di derivare dal centro stella (generalmente collegato a terra) il neutro. Il collegamento a zig-zag è limitato a casi particolari (industrie chimiche) dove è necessaria l’eliminazione delle terze armoniche, ma comporta un costo maggiore nella costruzione.
Le norme CEI consigliano l’impiego di trasformatori appartenenti al gruppo angolare II.
Per poter garantire la costanza delle tensioni di fase nel collegamento a stella e il funzionamento del nucleo magnetico a flusso costante, l’avvolgimento primario deve essere collegato a triangolo.

L’installazione dei trasformatori deve essere eseguita seguendo precise norme, onde evitare inconvenienti di varia natura, che possano incidere sul funzionamento della macchina.
Nella cabina occorre che i conduttori a MT per arrivare al trasformatore percorrano il più breve tratto possibile; quindi il trasformatore viene posto in vicinanza del dispositivo di protezione da sovracorrenti. Un robusto divisore in muratura deve separare le singole macchine, per evitare che, in caso di scoppio, l’olio incendiato possa proiettarsi in tutte le direzioni, provocando gravi danni.

Circuito Secondario

Il circuito secondario di una cabina di trasformazione è costituito dal complesso di conduttori atti al trasporto dell’energia elettrica dal trasformatore al quadro di distribuzione. Il circuito più semplice è quello che prevede una sola linea di partenza dalla cabina: esso comporta l’impiego di una sola apparecchiatura di manovra, che può essere un interruttore automatico oppure un sezionatore sotto carico munito di fusibili ad alto potere di interruzione.
Generalmente pero il circuito è più complesso per la presenza di un sistema di sbarre derivate dalle linee di partenza.
Le apparecchiature di manovra sono solitamente un interruttore generale e tanti interruttori quante sono le linee. A volte allo stesso sistema di sbarre sono collegati i secondari di più trasformatori, ma è opportuno rammentare che cosi facendo il valore della corrente di corto circuito, dato che l’impedenza interna del circuito dei trasformatori diminuisce.

Mentre per il circuito primario la sezione dei conduttori è subordinata ad esigenze di carattere meccanico, per i circuiti secondari la scelta dipende soprattutto dal valore di corrente da trasportare. Per realizzare le connessioni si adottano in genere sbarre di rame, le cui dimensioni (altezza e spessore) stanno nel rapporto di 10:1, ad esempio 20 x 2, 30 x 3, 40 x 4 ecc. La ragione di questa preferenza deve ricercarsi nella relativa facilità di giunzione offerta dalle sbarre aventi le dimensioni suddette, unitamente alla resistenza meccanica e alla buona superficie di raffreddamento. Infatti, se l’impiego di una sbarra 50 x 10 è sconsigliabile agli effetti del raffreddamento, sarebbe altrettanto sconsigliabile una sbarra 100 x 5 dal punto di vista meccanico. Inoltre nella scelta della sezione non è sufficiente tener conto degli elementi sopra indicati, ma è necessario subordinare la scelta ad altri fattori e precisamente: il costo di acquisto delle sbarre di rame e il tempo richiesto per eseguire tutte le operazioni connesse alla loro posa in opera.
Per quanto concerne la corretta disposizione delle sbarre notiamo che è sempre consigliabile disporle di costa anziché di piatto, per evitare nocive flessioni dovute al peso della stessa e favorire l’azione di raffreddamento.
Qualora si debbano impiegare più sbarre in parallelo per raggiungere una determinata sezione, esse non devono essere poste una contro l’altra, ma a una distanza pari almeno allo spessore per facilitare la circolazione dell’aria. D’altra parte i portasbarre che si trovano in commercio sono previsti in modo che le sbarre risultino già distanziate tra loro. Per distinguere le sbarre a BT da quelle a MT si adotta il colore blu, se si tratta di conduttori di fase, ricorrendo invece al giallo per il neutro a terra e al nero per il neutro isolato. Per la scelta delle sbarre in funzione della corrente da trasportare si possono consultare le tabelle allegate alle norme CEI.
Scelta la sezione, bisogna verificare se essa è in grado di sopportare gli eventuali sforzi elettrodinamici in caso di corto circuito. Si procede nel seguente modo:
                                                               
dove F è lo sforzo a cui sono sottoposte le sbarre in caso di cc, mentre a è la distanza tra le sbarre (di due fasi diverse) e 𝐼/ è la corrente di corto circuito. Si ricordi che a = 0.8 kV + 8; però, dato
che la tensione del circuito secondario è standardizzata a 400 V, la distanza a risulta essere sempre la stessa e quindi imposta dai portasbarre in commercio.
Calcolato
F, determiniamo il carico cui è sottoposta la sbarra con la formula:

                                                              

dove l è la distanza fra gli appoggi, normalmente uguale a 1 metro, b e h sono le dimensioni della sbarra. Questo valore non deve superare il carico di rottura massimo della sbarra; esso varia da 30 kg/mmq per le piccole sezioni (10 x 2 ¸ 10 x 3) a 24 kg/mmq per le grandi sezioni (da 80 x 5 a 120 x 10). In caso che questo valore venga superato, bisogna scegliere dalle tabelle una sezione superiore e rifare le verifiche suddette.
Si consideri che il fenomeno elettrodinamico va considerato anche sotto un altro profilo. Infatti, in presenza di correnti sinusoidali lo sforzo varia nel tempo con una legge decomponibile in una componente costante (valor medio) e in una componente alternativa di frequenza doppia di quella della corrente (110 Hz).

La corrente può esprimersi sotto la forma i = Im sint e lo sforzo elettrodinamico, che è proporzionale al quadrato della corrente, può allora scriversi:

                                
Questa espressione mette chiaramente in evidenza la componente costante e quella di frequenza doppia. È precisamente quest’ultima che può creare qualche inconveniente, del che ci si rende conto se si pensa che, considerando, per semplicità, un tratto della barra compreso fra due isolatori, esso costituisce un sistema oscillante, la cui frequenza propria dipende in modo più o meno complesso dalla lunghezza della tratta, dalle dimensioni trasversali della barra, dal materiale che la costituisce. Il pericolo si presenta se questa frequenza è molto prossima a 100 Hz, nel qual caso, manifestandosi risonanza, si può avere amplificazione delle oscillazioni, con conseguenti deformazioni e altri che è bene evitare.
Sia per una sbarra fissata rigidamente agli estremi una frequenza propria di oscillazione pari a:
                                                                                                                         
dove:

E =modulo di elasticità normale del materiale del conduttore (kg/mmq)
J = modulo di inerzia della sezione della barra relativo all’asse baricentrico perpendicolare alla direzione dello sforzo elettrodinamico.
p = peso in kg di un mm di lunghezza del conduttore (kg/mm)
l = lunghezza di libera inflessione della barra.
Per una barra di rame a sezione rettangolare (b = 10 mm, h = 100 mm, l = 1000 mm) si ha F0 = 37 Hz. Un caso particolare molto importante è costituito dalla così detta falsa risonanza, provocata da una frequenza propria di oscillazione della sbarra uguale a metà della frequenza dello sforzo elettrodinamico, cioè uguale alla frequenza della corrente nei conduttori.
In corrispondenza di questa frequenza si ha una notevole amplificazione degli sforzi elettrodinamici, che, senza raggiungere i valori corrispondenti alla risonanza vera e propria, possono tuttavia risultare molto pericolosi.
La scelta del portasbarre è legata alle condizioni di esercizio, con particolare riguardo alle variazioni di temperatura ambiente, che, in ultima analisi, si riflettono in dilatazioni e contrazioni delle sbarre stesse.
Il problema del riscaldamento delle sbarre assume notevole importanza quando le correnti in gioco sono di notevole entità e la densità di corrente adattata è piuttosto elevata. Nell’impossibilità di installare il conduttore in modo da consentire facili spostamenti assiali, è necessario prevedere giunti di dilatazione da montare nelle parti dove presumibilmente si verificheranno le massime deformazioni. Questi giunti sono realizzati mediante piastre a bulloni passanti.
L’impiego di portasbarre implica l’adozione di isolatori. Per quanto il fissaggio realizzato mediante isolatori e portasbarre in bronzo sia da ritenersi il sistema più razionale e quindi di largo impiego, giova ricordare che talvolta ragioni economiche o di ingombro impongono l’adozione di altri sistemi di fissaggio.
Le soluzioni possono essere diverse. Ad installazione ultimata tutte le mensole devono essere collegate fra loro con un conduttore di terra; la sezione di questo conduttore non deve essere inferiore a 16 mmq, conformemente alle norme CEI.

Quadri Elettrici

Secondo le norme CEI, per quadro di controllo e di comando deve intendersi il complesso organico di dispositivi e apparecchi con relative strutture portanti, alimentati da sistemi di categoria 0 o 1 e destinato alla misura, al comando, alla segnalazione, al controllo e alla protezione dl macchinario, dell’apparecchiatura e dei circuiti di una officina elettrica o di un impianto utilizzatore.
A grandi linee i quadri elettrici possono essere classificati, in relazione al genere di montaggio, in quadri ad armadi e in piccoli quadri fissati a parete.
La tendenza più diffusa è di impiegare blocchi prefabbricati, per cui la funzionalità e l’affidabilità della parte meccanica risulta assoggettata al know-how delle Case Costruttrici. Comunque i canoni fondamentali verso i quali si orienta la moderna progettazione dei quadri sono la centralizzazione dei comandi e la razionale disposizione delle apparecchiature, onde ridurre al minimo la possibilità e la conseguenza di false manovre.
Con il termine Quadri ad Armadio si intende indicare quei quadri la cui costruzione si estende fino al pavimento. Possono essere addossati alla parete oppure montati isolati; in taluni casi si incastrano direttamente in una parete. Il montaggio delle apparecchiature può effettuarsi in uno dei seguenti modi:

      1) Le apparecchiature sono fissate dall’incastellatura, che deve essere munita di traverse, mentre al pannello di lamiera sottile è affidata la sola funzione protettiva. Questa soluzione presenta il vantaggio che, asportando il pannello frontale, si può accedere facilmente alla parte interna per l’eventuale sostituzione delle apparecchiature, per il controllo dei collegamenti ecc.
      2) Le apparecchiature sono fissate direttamente sulla lamiera del pannello, che per tale funzione deve essere sufficientemente robusta (spessore 3 mm). Questa soluzione presenta il vantaggio della possibilità di fabbricare i pannelli in serie, riducendone il costo; detti pannelli consentono anche ampliamenti senza ricorrere ad adattamenti antiestetici. A titolo informativo ricordiamo che le casse costruttrici hanno unificato la larghezza dei pannelli nelle misure di 700 e 800 mm; l’altezza è di 2300 – 2500 mm e la profondità può essere di 600 e 800 mm per i quadri isolati, mentre può essere di 876, 1200, 1500 mm per i quadri addossati a parete e con corridoio posteriore.

In qualche caso è utile riportare lo schema di principio del quadro stesso sul fronte del quadro. Una serie di lampade bicolore indica se un determinato circuito è chiuso o aperto.

Con il termine Quadri a Parete si intende indicare un limitato numero di apparecchiature di relativamente bassa potenza e meno costosi dei quadri ad armadio. In questi quadri la costruzione non si estende fino al pavimento, essendo applicati, a seconda delle circostanze, esternamente alla parete o incassati. La costruzione del e il fissaggio delle apparecchiature viene fatto come nei quadri ad armadio, del tipo a pannelli estraibili, con la differenza che la posa di queste deve essere fatta in modo tale da consentire il montaggio o l’eventuale sostituzione agendo esclusivamente sulla parete frontale. Sul telaio devono anche essere previste le morsettiere per l’allacciamento dei cavi e le staffette per l’amarraggio dei collegamenti.
Il quadro può essere costruito senza passaggio posteriore, purché disposto in modo che nessun corpo estraneo possa venire in contatto con le parti in tensione dietro al quadro, e che in ogni tempo si possano verificare dal davanti e lateralmente le congiunzioni fra conduttori e apparecchi.
Tutte le parti metalliche dei quadri (a pavimento e a parete) devono essere collegate a terra.

Cenni sul Calcolo Elettrico delle Linee BT

Il calcolo elettrico delle linee di distribuzione BT non può essere disgiunto dal progetto elettrico complessivo della rete a cui esse appartengono.
Questo studio, partendo dall’analisi del tipo, della consistenza e della ubicazione degli utenti da servire, deve portare alla definizione e al coordinamento delle caratteristiche funzionali di tutti i componenti della rete e alla scelta della sua più idonea configurazione circuitale. A questo scopo dovranno essere considerate non soltanto le condizioni di regime normale del sistema, ma anche tutte le possibili condizioni di emergenza (dovute a guasti), nelle quali la bona qualità e la continuità del servizio devono essere il più possibile tutelate.
Particolare attenzione deve essere rivolta ai prevedibili futuri aumenti della richiesta di energia da parte della utenza e alle conseguenti necessità di potenziamento e di espansione della rete. Generalmente il dimensionamento delle strutture viene previsto già inizialmente per almeno il 50% in più della potenza richiesta, anche se questo comporta un sensibile aumento degli oneri patrimoniali relativi al capitale impegnato; va infatti considerato che tali costi vengono in buona parte compensati dalla diminuzione delle perdite di energia dovute al trasporto e consentono di limitare le future spese di adeguamento dell’impianto alle aumentate richieste di energia.
Come appare evidente da quanto sopra detto, il progetto delle reti BT è articolato e complesso; esso affronta argomenti specifici non del tutto pertinenti alla finalità del presente lavoro. Nel seguito pertanto verranno dati soltanto alcuni cenni sui criteri generali che governano il calcolo delle linee e verranno forniti gli elementi per una sommaria verifica del comportamento elettrico.
Il calcolo delle linee di distribuzione si basa sulla definizione delle loro condizioni limite di funzionamento riferite alla massima corrente che può essere sopportata dai conduttori in regime permanente e alle massime variazioni della tensione ammissibile ai fini del corretto funzionamento degli apparecchi utilizzatori.
I valori massimi della corrente stabiliti sono stati determinati tenendo conto del riscaldamento dei conduttori per effetto joule, in funzione delle massime temperature che essi possono sopportare per lunghi periodi di tempo senza danneggiarsi. Per quanto concerne le variazioni della tensione alle prese di utente, si ritiene che esse in regime normale non debbano superare il 4%. Infatti gli apparecchi utilizzatori in genere sono previsti per funzionare a tensione costante e alcuni di essi sono particolarmente sensibili alle variazioni di tensione. Per esempio la vita delle lampade a incandescenza si accorcia se esse vengono alimentate a tensione superiore alla nominale, mentre nel caso contrario esse riducono sensibilmente la loro emissione luminosa.
A volte nei calcoli si considerano accettabili anche cadute di tensione maggiori, in considerazione della possibilità di regolare (a vuoto) la tensione secondaria del trasformatore MT/BT.

Alcuni interruttori di BT possono essere muniti di relè di minima tensione a scatto istantaneo o con ritardo di intervento di qualche secondo. Possono, inoltre, essere dotati di bobina di apertura e/o di chiusura per comando a distanza e di una serie di contatti ausiliari per la segnalazione a distanza della posizione dell’interruttore.
Il valore della capacità di interruzione deve essere commisurato al valore della corrente di corto circuito che il trasformatore può far circolare nella peggiore delle ipotesi ossia quella di un corto circuito franco ai morsetti di uscita dello stesso. Il valore suddetto si ottiene mediante la seguente relazione:

                       
Per più macchine funzionanti in parallelo il valore di  si ottiene sommando quelli relativi alle singole macchine.
Normalmente sui quadri di BT vengono anche installati strumenti per la misura di tensione, corrente, potenza attiva e reattiva, cosj ed energia.
Per facilitare al personale adibito alla manutenzione l’individuazione dei rispettivi circuiti, i fili e i morsetti devono essere contraddistinti da una lettera e/o da un numero.

Protezioni contro le Sovratensioni

Le sovratensioni che si possono verificare nelle cabine di trasformazione sono di varie specie:
- sovratensioni di origine atmosferica
- sovratensioni dovute all’esercizio
- sovratensioni dovute a contatti accidentali fra la parte a media tensione e la parte a bassa tensione dell’impianto

Le sovratensioni di origine atmosferica, causate sulle reti di distribuzione da fulminazioni dirette o da cariche statiche, sono frequenti durante i temporali; i loro effetti sono tanto maggiori quanto più estesa è la rete in linea aerea. Data la impossibilità di impedirne la presenza, occorre fare in modo che esse si scarichino a terra prima che la loro azione possa danneggiare i trasformatori e gli impianti. Ciò si ottiene applicando a monte dell’impianto gli scaricatori. Questi apparecchi, realizzati con costruzioni diverse, applicano il principio della graduazione dell’isolamento, ossia sono isolati verso terra per il valore della tensione di esercizio e divengono conduttori per valori maggiori, ripristinando l’isolamento primitivo, una volta assolta la loro funzione protettiva.
Le sovratensioni dovute a causa di servizio si originano in concomitanza a bruschi distacchi di carico e a guasti sui cavi, nei quali la conseguenza più frequente è la messa a terra di una fase che sollecita maggiormente verso terra tutte le apparecchiature, elevando il valore della differenza di potenziale verso terra al valore della differenza di potenziale tra le fasi. In linea generale la protezione contro queste sovratensioni deve essere fatta a priori, esigendo cioè che tutte le apparecchiature, interruttori, trasformatori ecc. siano, all’atto del collaudo, provati verso massa, per il tempo di un minuto, con una tensione pari a due volte la tensione nominale più mille volt.
Per la protezione contro contatti accidentali della parte ad alta tensione con la parte a bassa tensione si adoperano dispositivi per la messa in corto circuito e a terra dell’impianto a bassa tensione oppure relè di massima tensione agenti sulla bobina di sgancio posta sull’interruttore generale di protezione dei trasformatori.
La messa a terra degli scaricatori non presenta nulla di sostanzialmente diverso da qualunque altro impianto di messa a terra, ma presenta aspetti particolari che è indispensabile considerare quando se ne prevede l’installazione. L’efficacia della protezione da sovratensioni di origine atmosferica attuata mediante scaricatori è legata, oltre che da una accurata scelta del tipo di apparecchiature da adottare, anche da una corretta installazione.
La scelta della posizione dove installare lo scaricatore deve essere effettuata in relazione alle macchine o al particolare tipo di impianto da proteggere. Inoltre la connessione della protezione all’impianto di terra deve essere realizzata in modo da ridurre le probabilità di tensioni di passo e di contatto pericolose.
A titolo orientativo si può ritenere che, nel caso di correnti di scarica dell’ordine di 5000 A, per un valore di resistenza di terra di 5 Ohm e una lunghezza del conduttore di connessione di 10 mt., il valore della caduta di tensione può aggirarsi sull’ordine dei 35 kV. La quota di maggiore rilievo è quella relativa alla resistenza di terra, che risulta di 25 kV. È quindi opportuno limitare quanto più possibile la lunghezza delle connessioni sia tra la linea e lo scaricatore, sia tra scaricatore e impianto di terra. Inoltre, onde evitare valori troppo elevati delle tensioni di passo, è necessario che il valore della resistenza di terra sia il minimo ottenibile, possibilmente non superiore a qualche Ohm. A tal fine è consigliabile installare in prossimità del conduttore di terra degli scaricatori un dispersore (generalmente a picchetto), che consente di realizzare un contatto diretto con il terreno. In questo modo è possibile ridurre le tensioni di passo e di contatto e si evitano al restante impianto di terra le sollecitazioni conseguenti al passaggio di un valore di corrente molto più elevato di quello per il quale l’impianto di protezione è stato calcolato.

In merito ai materiali e ai tipi di conduttore da usare per dispositivi di protezione, le Norme CEI prescrivono che per gli scaricatori non possano essere impiegati conduttori di terra di acciaio o costituiti da cavi con nastratura di acciaio, né conduttori protetti con tubi di acciaio, a meno che questo non sia tagliato longitudinalmente. Infatti nel caso che un qualsiasi elemento metallico formi attorno al conduttore di messa a terra una spira chiusa, questa sarebbe sede di intense correnti indotte ed inoltre determinerebbe un aumento dell’impedenza del circuito di messa a terra al passaggio della corrente di messa a terra. È ammesso invece come conduttore di terra l’utilizzazione delle strutture metalliche che sorreggono gli scaricatori.
Ricordiamo che la sezione dei conduttori di terra degli scaricatori a tensione nominale di U kV non deve essere inferiore ai seguenti valori (espressi in millimetri quadrati):

24 + 0.4 U per conduttori in rame
40 + 0.6 U per conduttori di alluminio

Il collegamento a terra deve essere fatto con conduttori di sezione non inferiore a 25 mmq e in ogni caso proporzionati alle caratteristiche degli scaricatori. Inoltre i conduttori devono essere protetti contro i contatti accidentali che possono verificarsi durante la fase di scarica a terra.
Il circuito per la messa a terra deve essere realizzato in modo che il conduttore non sia sottoposto a sforzi meccanici né al pericolo di rapida corrosione o di logoramento meccanico. Se necessario, il conduttore di messa a terra degli scaricatori può

Circuito di Messa a Terra

È evidente che essendo la terra da considerare a potenziale zero, chi venga a contatto con una qualsiasi apparecchiatura isolata e in tensione è soggetto per la legge di Ohm ad essere percorso da una corrente direttamente proporzionale alla differenza di potenziale fra il punto di contatto e la terra. Tale corrente è indirettamente proporzionale alla resistenza complessiva del conduttore interposto. Quindi tutte le apparecchiature portanti e le carcasse delle macchine (interruttori e trasformatori) avendo la possibilità, per la rottura di un isolatore o per un guasto interno, di essere portate dai conduttori che le dovessero eventualmente toccare, allo stesso potenziale di essi, costituirebbero un grave pericolo per chiunque venisse con loro a contatto, per necessità di manovra.
Per ovviare a questo grave inconveniente occorre collegare tutte le apparecchiature e le carcasse a dispersori di terra, in modo da far fluire attraverso conduttori, a resistenza ridottissima, la corrente verso la terra, impedendo contemporaneamente che queste parti assumano potenziali pericolosi.
La resistenza dell’impianto di terra deve essere tale che per la massima corrente di guasto a terra non si verifichino in nessun punto, all’interno o all’esterno della cabina, tensioni di passo e di contatto superiori ai seguenti valori:

-       50 V quando non si provvede all’eliminazione rapida del guasto a terra
-       125 V quando si provvede all’eliminazione del guasto entro un secondo
-       250 V quando si provvede all’eliminazione del guasto a terra entro mezzo secondo

La verifica di tali valori è obbligatoria, ma può essere evitata se la tensione totale verso terra è inferiore a 200 V. Ne deriva che, conoscendo la massima corrente It che può essere dispersa a terra in caso di guasto, il valore di resistenza dell’impianto di terra è determinato dalla relazione:

Rt = 200/It

È opportuno inoltre tenere presente che un impianto di terra dimensionato per un guasto sulla parte alta tensione può non essere adeguato per un guasto in bassa tensione, essendo diverse le correnti da considerare e i dispositivi di protezione utilizzabili.
Generalmente l’impianto di terra delle cabine è costituito da dispersori ad anello o a maglia (integrati eventualmente da picchetti del tipo cilindrico) che possono assumere le configurazioni seguenti.

Dispersori posti all’esterno della cabina.
Il dispersore ad anello, interrato nudo ad almeno 0.5 mt di profondità, deve essere disposto perimetralmente alla cabina ad una distanza di almeno 1 mt per limitare le eventuali tensioni di contatto con parti metalliche esterne alla cabina. I conduttori che collegano il conduttore di terra con i dispersori devono essere realizzati in treccia di rame isolato della sezione minima di 16 mmq o nuda di sezione di 50 mmq e posati ad almeno 0.5 mt di profondità. I picchetti devono essere collocati in appositi pozzetti ispezionabili, con coperchi isolanti per evitare pericolose tensioni di passo.

Dispersori posti all’interno della cabina
Il conduttore di terra è costituito da una specie di rete magliata, integrata con picchetti, posta nel pavimento della cabina alla profondità di circa 0.2 ¸ 0.5 mt, realizzata con una treccia continua di rame nudo della sezione di 50 mmq, che parte da un dispersore, segue un percorso a forma di “otto”, unendosi in 4 o 5 punti al collettore di terra e che ritorna dopo aver unito tutti i dispersori a quello di partenza. Nei punti di intersezione la treccia di rame deve essere congiunta mediante saldatura forte, legatura metallica o morsetti.

Caso misto
Vengono applicati contemporaneamente ambedue i metodi di installazione descritti. È questo il caso delle cabine conglobate nei fabbricati, dove cioè è spesso impossibile realizzare impianti di terra con valori di resistenza idonei a limitare le tensioni di passo e di contatto entro i valori prescritti dalle norme. È quindi necessario installare dispersori nel terreno libero più vicino, collegandoli al collettore con un conduttore disposto lungo il percorso dei cavi che arrivano alla cabina.

Per le cabine collegate a reti di cavi interrati si possono utilizzare come dispersori di terra le guaine metalliche dei cavi, qualora esse siano previste per questo scopo, la rete dei cavi sia sufficientemente estesa e l’impianto di terra così costituito abbia una resistenza tale che non si possano verificare tensioni di passo e di contatto superiori a quelle indicate precedentemente.
Tutti i conduttori di protezione devono fare capo al collettore, il quale è costituito generalmente da una bandella di rame fissata alle pareti all’altezza di circa 0.3 mt dal pavimento, per mezzo di morsetti metallici non isolati. I morsetti vanno posti a distanze non superiori a 0.8 mt e devono consentire di lasciare lo spazio tra muro e piattina di 2 o 3 cm per il fissaggio dei conduttori di protezione. La piattina di rame da usare è di solito della sezione di 30 mmq.
Il percorso del collettore di terra deve seguire tutto il perimetro della cabina di trasformazione e le giunzioni necessarie devono essere eseguite per sovrapposizione, con quattro chiodi ribattuti, e saldatura forte o con morsetti e bulloni, mentre si devono escludere quelli a saldatura dolce.
Al collettore di terra devono essere collegati:
      a)  le parti metalliche accessibili delle macchine e delle apparecchiature, le intelaiature di supporto degli isolatori e dei sezionatori, i ripari metallici di circuiti elettrici
      b) gli organi di comando a mano delle apparecchiature
      c) le cornici e i telai metallici che circondano fori o dischi di materiale isolante attarversati da conduttori e le flange degli isolatori passanti
      d) l’incastellatura delle sezioni di impianto
      e)  i serramenti metallici delle cabine, purché l’impianto di terra locale non dia luogo a tensioni di passo e di contatto pericolose anche nei riguardi di chi provenga dall’esterno della cabina o transiti nelle vicinanze

Per l’esecuzione dei circuiti di protezione si devono usare conduttori di rame con sezione non minore di quelle indicate dalle norme, effettuando il collegamento diretto con il collettore e quindi senza utilizzare le armature metalliche o le casse delle macchine come conduttori di terra.
Qualora le tensioni di passo e di contatto superino i valori massimi previsti dalle norme, devono essere prese opportune precauzioni (pedane isolani, tappeti, pavimentazioni isolanti ecc.). Se tali accorgimenti non sono attuabili, le zone stesse devono essere rese inaccessibili, per esempio tramite recinzioni.

Protezioni

La continuità del servizio e l’incolumità del personale addetto alla conduzione si realizzano con una serie di protezioni di diversa natura.
In linea generale esse possono essere cosi suddivise:

       a) protezioni elettriche
       b) protezioni meccaniche
       c) protezioni antincendio

a – Protezioni elettriche. Esse riguardano le protezioni per sovracorrenti e sovratensioni, ampiamente trattate precedentemente. È opportuno aggiungere una trattazione riguardante il relè Buchholz, che protegge il trasformatore contro guasti interni. Il suo principio di funzionamento è basato sulla formazione di bolle di gas che si vengono a creare nel trasformatore in caso di funzionamento anomalo. Questo relè viene installato sui trasformatori dotati di conservatore d’olio. Esso consta, in linea di massima, di un recipiente applicato sul canale d’olio che collega il cassone del trasformatore con il conservatore e nel quale si trovano due apparecchiature di contatto: la superiore, costituita da un galleggiante, agisce in seguito alla formazione di una piccola bolla di gas, dovuta a guasti di piccola entità, come per esempio per piccole perdite di olio nel cassone. Il suo intervento provoca un allarme acustico. Il secondo dispositivo è costituito da una sfera riposante sul fondo dell’apparecchio di fronte alla bocca prospiciente il cassone, funziona quando la spinta della bolla d’olio, dovuta ad un grave guasto, è sufficiente a far spostare la sfera stessa, che provoca la chiusura di un contatto, il quale provvede all’apertura dell’interruttore di protezione del trasformatore.

b -  Protezioni meccaniche. Si intendono tutti quegli accorgimenti destinati a evitare contatti accidentali da parte di persone o di cose con le apparecchiature o conduttori sotto tensione. La forma più comune di protezione è costituita da reti metalliche che si frappongono a una distanza in cm definita dalla relazione


d = 0.7 kV + 7


Opportune protezioni devono anche essere poste all’ingresso della cabina e alle finestre per impedire l’ingresso di corpi esterni.
Infine accenneremo alle pedane isolanti, sulle quali si deve porre l’addetto per effettuare manovre sulla parte MT. Queste pedane costruite in materiale isolante devono essere montate su isolatori di porcellana, al fine di garantire un ottimo isolamento da terra.

C – Protezioni antincendio. Particolare attenzione deve essere posta nel risolvere il problema relativo alla protezione antincendio, a cui le cabine sono facilmente soggette. Una prima protezione contro gli incendi è offerta dal pozzetto d’olio, già trattato in precedenza. Al pozzetto d’olio va affiancato un sistema di estintori, i quali non devono essere né idrici né a schiuma, essendo questi liquidi conduttori. Verranno quindi usati estintori ad anidride carbonica e polvere isolante e a tetracloruro.

Protezione dai campi magnetici

Premesso che il problema riguarda principalmente i campi magnetici, perché i campi elettrici sono di entità non significativa ai fini della pericolosità per la salute, la mitigazione dei campi si può realizzare sia mediante schermi di materiale ferromagnetico che mediante schermi conduttori.
L’azione schermante migliora all’aumentare dello spessore dello schermo, come pure della permeabilità magnetica (schermo ferromagnetico), della conducibilità elettrica (schermo conduttivo) e al diminuire della distanza tra la sorgente del campo e lo schermo. L’installazione degli schermi, tuttavia, può risultare onerosa, specialmente se non è realizzata all’atto della costruzione della cabina. Misure di validità generale, e che di solito non presentano difficoltà realizzative insuperabili, consistono nel disporre lontano quanto possibile dalle pareti confinanti con aree frequentate da persone. Questo vale, per esempio, per i passanti di bassa tensione del trasformatore MT/BT. Altra misura importante consiste nel ridurre la distanza fra i conduttori, se unipolari, perché in questo modo i campi generati dai singoli conduttori tendono a elidersi a vicenda.
L’azione degli schermi elettrici risulta più efficace a distanze maggiori dalla sorgente del campo, rispetto agli schermi magnetici. Tuttavia, poiché il meccanismo d’azione risiede nella creazione di correnti parassite nei primi millimetri sotto la superficie del metallo, lo schermo conduttore è sensibile alla componente ad esso perpendicolare del campo magnetico e quindi, perché risulti efficace, bisogna preventivamente valutare l’andamento del campo e poi determinare la forma e la disposizione di questo schermo. Viceversa, lo schermo magnetico per funzionare al meglio dovrebbe racchiudere la sorgente.

continua