La Cabina di Trasformazione MT
Parti costituenti
Parti costituenti
Per cabina di trasformazione si intende quel complesso di
macchine, apparecchi e strumenti destinati a trasformare l’energia elettrica a
media tensione consegnata dall’Ente Distributore in una energia avente una
tensione adatta agli scopi e alle lavorazioni che interessano l’utente.
Generalmente la tensione trasformata assume valori di 220 –
380 V, atti a far funzionare gli apparecchi utilizzatori.
Le cabine di trasformazione possono essere installate
all’interno o all’esterno di fabbricati, per esempio montate su pali (cabine
rurali). In una cabina si distinguono varie parti, che possono assumere
disposizioni diverse.
Esamineremo queste parti, procedendo da monte a valle, cioè
dalla consegna dell’energia a media tensione alla distribuzione della stessa a
bassa tensione.
1) Gruppo di Misura
È il complesso di apparecchi e strumenti che servono a
misurare la quantità di energia assorbita dall’utente. Tale complesso viene installato
dall’Ente Erogatore e conseguentemente è di sua proprietà.
Lo schema di inserzione che viene normalmente adottato dalle
Società Elettriche viene denominato By-Pass. Lo scopo di questa inserzione è di
consentire la continuità del servizio quando, per una qualsiasi ragione - ad
esempio per il guasto di un riduttore - sia necessario escludere il gruppo,
senza interrompere la continuità del servizio.
Per ottenere ciò, vengono inseriti un complesso di
sezionatori destinati a escludere i riduttori di tensione e cortocircuitare i
riduttori di corrente. Il complesso descritto può essere realizzato con comandi
simultanei per permettere all’operatore di compiere l’inserzione e la
disinserzione del gruppo con un’unica manovra.
2) Gruppo di Media Tensione
È l’insieme costituito dai conduttori, dagli isolatori e
dalle apparecchiature di manovra, che consentono il passaggio della energia a
media tensione dal punto di consegna ai trasformatori.
È costituito da cavi isolati in funzione della tensione di
impiego o da conduttori nudi sostenuti da isolatori.
I circuiti di media tensione delle cabine di trasformazione
possono essere realizzati con costruzione in vista o protetti. La costruzione a
vista rappresenta una soluzione economica e dà sufficienti garanzie di
sicurezza, tenuto conto che nei locali può accedere solamente personale
specializzato.
Le cabine protette, invece, sono usate per lo più
all’interno di stabilimenti industriali, in modo da effettuare la
trasformazione nei pressi dei gruppi utilizzatori.
In quest’ultimo caso la connessione tra interruttore
automatico e trasformatore deve essere realizzato con un breve tratto di cavo.
Il trasformatore potrebbe avere i morsetti primari in olio e non accessibili
dall’esterno, con notevole vantaggio per la sicurezza degli operatori.
Prefissato lo schema elettrico della cabina da realizzare,
il suo dimensionamento viene eseguito essenzialmente in base al tipo e al
numero di collegamenti delle linee a M.T., nonché al numero e alla potenza dei
trasformatori. Il dimensionamento è invece indipendente dal valore nominale
della tensione di alimentazione, che attualmente si assume pari a 20kV.
3) Trasformatori
Sono gli apparecchi fondamentali che consentono la
trasformazione dell’energia elettrica da media a bassa tensione. Il numero di
trasformatori può variare da uno a più elementi, a seconda delle esigenze.
4) Gruppo di Bassa Tensione
Risulta costituito da conduttori che collegano la parte a
bassa tensione del trasformatore con il quadro di distribuzione, a sua volta
formato dalle apparecchiature di manovra e dagli strumenti di misura.
In alcuni casi vengono utilizzate batterie di condensatori
di rifasamento.
5) Circuito di Messa a Terra
È costituito dalle apparecchiature che servono a collegare
al circuito di protezione che si trova a potenziale zero tutte le parti
metalliche che accidentalmente potrebbero assumere un potenziale rispetto a
massa pericoloso per gli operatori.
6) Protezioni
Sono tutte le apparecchiature necessarie a proteggere le
macchine e le persone da eventuali guasti.
Dimensionamento Meccanico dei
conduttori di MT
I conduttori di rame possono essere costituiti da tondini o
da piattine di rame. Per quanto riguarda la sezione di questi conduttori le
norme CEI prescrivono un valore di 20 mmq (d = 2.5.mm): non esistono quindi
particolari problemi di dimensionamento elettrico, se si considera che, per
esempio, un trasformatore di 630 kVA assorbe solo 18 A. Per ragioni di
resistenza meccanica in ogni caso si adottano conduttori nudi in tondino di
rame di diametro non inferiore a 10 mm (S = 80 mmq). Pur attenendosi a queste
regole dettate dalla pratica, occorre tuttavia effettuare una rigorosa verifica
teorica, considerando per il dimensionamento dei tondini gli sforzi elettrodinamici
dovuti a eventuali correnti di corto circuito.
Lo sforzo a cui sono sottoposti i conduttori, in caso di
corto circuito, espresso in kg/m, è dato da:


dove:
d = 0.8 kV + 8 in
cm
F: forza di attrazione
o di repulsione, in kg
L: lunghezza dei
conduttori paralleli, in cm
d: distanza tra
due conduttori, in cm
I: valore massimo
della corrente limite dinamica, in A
Lo sforzo in kg/mmq al quale è sottoposto il rame è
determinato dalla formula:
dove l è la
distanza in metri tra gli appoggi.

Sapendo che tale sforzo risulta uguale o inferiore alla d ammissibile dal rame (dCu = 20
kg/mmq), potremo determinare il raggio del tondino che soddisfi le condizioni
imposte.
Infatti:

In secondo luogo, ai fini di una corretta installazione, occorre considerare anche la distanza che i conduttori devono avere verso massa (mensole portanti, muri ecc.).
I conduttori lungo il percorso devono
essere sostenuti da terne di isolatori poste alla distanza di un metro o al
massimo di 1.2 metri.
Questa norma, che potrebbe in qualche
caso apparire esagerata, è essenziale e la sua utilità si rileva in caso di
corto circuito. Infatti, a monte del punto dove è avvenuto il corto circuito, i
conduttori, sotto la spinta di notevoli forze elettrodinamiche, tendono a
congiungersi, sottoponendo gli isolatori a notevoli sforzi meccanici. Tali
sollecitazioni si manifestano con maggiore violenza nei punti dove le distanze
fra i sostegni sono maggiori.
Un’altra norma da osservare è quella di
non disporre i conduttori al di sotto degli isolatori, fissando questi in
posizione rovescio, al fine di evitare gli inconvenienti che possono derivare
da una eventuale rottura degli isolatori. Infatti, in seguito a un tale evento,
causato da variazioni di temperatura o da sforzi elettrodinamici, il filo,
aggravato dal peso dell’isolatore stesso, tenderebbe a diminuire le distanze di
sicurezza, con conseguenti scariche verso massa.
In fase di realizzazione del circuito di
MT, per eventuali raccordi e derivazioni di linea si utilizzano i giunti
riportati in figura.
Apparecchi di Comando e
Protezione in MT
Procedendo da monte a valle del circuito di MT, notiamo che
esso è costituito dai seguenti organi di comando e protezione:
1) Sezionatore con lama di messa a terra
2) Interruttore a volume di olio ridotto
Talvolta per cabine di piccola potenza (con correnti di
alcune centinaia di Ampere) gli organi di comando e protezione possono essere realizzati
con adeguati interruttori di manovra (o sezionatori sotto carico) corredati di
fusibili. Quest’ultima soluzione non è tecnicamente molto valida, come vedremo
in seguito, ma permette di diminuire considerevolmente i costi della cabina.
Nel caso che la cabina comprenda più di un trasformatore, su ogni ramo derivato
vanno installati gli stessi organi menzionati ai punti 1 e 2, con una
differenza: il sezionatore non deve essere fornito di lama di messa a terra.
Anche in questo caso, per ragioni economiche, tali organi possono essere
sostituiti da sezionatori sotto carico.
Sezionatore:
I sezionatori hanno la funzione di permettere la separazione
di una parte del circuito di bassa, media o alta tensione dalla parte rimanente
dell’impianto. Essi vengono di norma manovrati sul posto dove sono installati e
l’apertura dei contatti avviene nell’aria. Devono essere collocati in posizioni
perfettamente visibili, in modo che il personale addetto al servizio possa
controllare se quella determinata parte del circuito risulti effettivamente ed
evidentemente separata dal resto dell’impianto e quindi accessibile con tutta
sicurezza.
In ogni caso i sezionatori devono essere costruiti e
installati in modo che non si chiudano per peso proprio e che l’operatore possa
eseguirne la manovra in condizioni di assoluta sicurezza: in particolare le
leve, le aste o le catene che realizzano le trasmissioni meccaniche per il
comando a distanza devono essere messa a terra e restare sufficientemente
lontane dalle parti in tensione, anche in caso di rottura.
La sezione della lama va dimensionata in base alla corrente
nominale che percorre il sezionatore ed anche in base alla sua lunghezza, per
garantirne la necessaria rigidità meccanica. Per medie tensioni tale sezione è
generalmente rettangolare, mentre per alte tensioni si adottano sezioni a tubo
schiacciato, a doppia lama o con profilature varie.
Nei tipi più comuni e fino a un certo limite di lunghezza,
la lama viene imperniata in corrispondenza di una estremità, mentre l’altra
estremità va ad inserirsi in apposite sedi a molla.
In ogni caso i sezionatori devono servire, come è ben noto,
a isolare una determinata porzione di circuito dal resto dell’impianto, ma mai
ad interrompere il carico ad una data linea o macchina, compito questo affidato
esclusivamente agli interruttori.
La manovra dei sezionatori perciò potrà essere effettuata
bensì sotto la tensione, ma mai sotto corrente; ciò allo scopo di evitare la
formazione di archi fra i contatti all’atto della apertura dei sezionatori. È
pertanto da osservare che, in presenza di tronchi di linea di grande lunghezza
e soprattutto di estese reti in cavo, la manovra dei sezionatori può dare luogo
alla formazione di archi di apertura anche se si effettua quando il carico è
nullo: ciò avviene a causa della corrente a vuoto che attraversa i sezionatori
per effetto della capacità propria del tratto di linea a valle. Ad evitare la
persistenza dell’arco, l’apertura dei sezionatori deve essere fatta con manovra
rapida e decisa, anche se eseguita a mano.
Nel campo delle medie tensioni i sezionatori possono essere
costruiti nella esecuzione “per interno” e “per esterno”; la differenza
consiste essenzialmente nella forma degli isolatori di sostegno: liscia per i
primi, fortemente alettata invece in quelli per esterno.
I due parametri che definiscono le caratteristiche
elettriche di un sezionatore sono la tensione nominale, che è il valore
efficace della massima tensione degli impianti in cui può essere utilizzato, e
la corrente nominale, che definisce il valore efficace della corrente che esso può
sopportare indefinitamente senza surriscaldi particolari rispetto alla
temperatura di regime dei conduttori su cui è inserito.
In generale i sezionatori possono essere del tipo a comando
unipolare oppure tripolare simultaneo. Il primo sistema viene usato solo negli
impianti di modesta importanza a media tensione; la manovra viene in tal caso
eseguita con il fioretto, che è una lunga asta isolante munita di gancio da
inserire nell’apposito occhiello della lama del sezionatore. Durante la manovra
l’operatore si deve porre su una pedana isolante. Più rapida e razionale è
invece la manovra a leva con aste isolate di rinvio, agenti simultaneamente su
tutti i poli del sezionatore opportunamente collegati. La leva di comando deve
essere in tal caso elettricamente collegata a terra. La manovra di questi
sezionatori può essere facilmente rinviata a distanza con opportune
trasmissioni.
Molte volte al sezionatore vero e proprio è accoppiato un
sezionatore di messa a terra per lavori. Per evitare di chiudere il sezionatore
di terra quando l’altro non è ancora aperto, si possono adottare, oltre ad
eventuali interblocchi elettrici, dei semplici dispositivi meccanici di blocco
reciproco fra i due sezionatori.
Interruttore a volume di olio ridotto:
L’interruttore automatico in olio è un apparecchio che nella
cabina di trasformazione assume un ruolo di capitale importanza. La sua scelta
deve rispondere alle esigenze tecniche della cabina e subordinando poi ad esse
il fattore economico; dalla sua perfetta efficienza dipende la limitazione dei
guasti sul trasformatore. In questi interruttori l’arco viene fatto scoccare
entro una camera di estinzione piena di olio. L’energia liberata dall’arco fa
vaporizzare e decomporre una certa quantità di olio circostante, formando una
bolla gassosa costituita in massima parte da idrogeno; l’elevata pressione
istantanea di questa bolla viene utilizzata per produrre un violento movimento
della massa d’olio, con il risultato di spingere dell’olio fresco a sostituirsi
alla massa gassosa fortemente ionizzata in cui si è innescato l’arco,
determinando così lo spegnimento dell’arco. Anche s e esistono varie forme
costruttive, tuttavia è necessario che le caratteristiche alle quali essi
devono rispondere siano sempre consoni alle esigenze e alla natura del
servizio.
Passiamo ad esaminare rapidamente queste caratteristiche:
1)
Tensione nominale di esercizio
Rappresenta il valore efficace della tensione alla quale si
riferiscono le condizioni di prova. Per la scelta è buona norma che la tensione
di targa sia superiore di un terzo alla tensione effettiva di esercizio.
2)
Corrente nominale
Rappresenta il valore efficace della massima corrente di
esercizio continuo per la quale l’interruttore è costruito. In generale non si
costruiscono interruttori con portate inferiori a 200 A, perché i contatti e i
loro supporti non vengono dimensionati in base a un criterio elettrico bensì
tenendo conto delle esigenze meccaniche. La corrente nominale deve essere
almeno il doppio di quella di esercizio.
3)
Potere di interruzione
Rappresenta il valore efficace della massima corrente di
sovraccarico accidentale che l’interruttore può interrompere, essendo inteso
che tale corrente può essere interrotta qualunque sia la componente
unidirezionale. Tale capacità di rottura viene espressa in MVA o in MA.
La scelta del potere di interruzione non viene effettuata
basandosi sulle potenze installate nella cabina, bensì considerando la potenza
a monte del cavo o della linea elettrica che alimenta la cabina. Poiché tali valori
sono difficilmente conosciuti da parte dell’installatore, essendo di competenza
dell’Azienda Distributrice, sarà buona norma richiedere il dato all’Ente
Distributore. Il dimensionamento dell’interruttore va fatto in base a questo
valore.
Gli apparecchi che determinano l’apertura dell’interruttore
sono i relè, tarati in modo da predisporre il loro intervento in corrispondenza
del valore di corrente oltre il quale il trasformatore potrebbe subire
danneggiamenti gravi. Tali relè vanno inseriti con inserzione diretta o
indiretta, tramite trasformatori di corrente. Nelle cabine di media potenza
(fino a 100 kVA) l’inserzione più adoperata, per motivi economici, è quella
diretta.
Trasformatori
Il trasformatore costituisce la parte fondamentale della cabina
e deve essere scelto con la massima cura. Nota la potenza totale di progetto,
pari al carico convenzionale dell’impianto, e il fattore di potenza, occorre
stabilire le unità di trasformazione da installare. Le taglie hanno valori
normalizzati, derivanti fondamentalmente dalla serie di renard (1016
1.6).

Quando la cabina è posta in un edificio civile o il
quantitativo complessivo dell’olio contenuto nei trasformatori è superiore a
500 kg, si deve prevedere una vasca per la raccolta dell’olio stesso, qualora
questo fuoriesca dalle macchine. Sotto ogni trasformatore deve costruito un
pozzetto di raccolta dell’olio con sifone deflammante. Il pozzetto deve avere
dimensioni leggermente superiori ai bordi esterni della macchina, deve avere il
fondo inclinato, convergente al centro e facente capo a un tubo di scarico.
La parte iniziale di questo tubo deve essere a sifone molto
pronunciato o a collo d’oca. Una pendenza piuttosto forte servirà a convogliare
l’olio in una vasca impermeabile, posta preferibilmente nel locale stesso. Nel
caso di guasto grave del trasformatore, tale da provocare lo scoppio della
cassa e l’incendio dell’olio, quest’ultimo viene convogliato rapidamente verso
la vasca attraverso il sifone, che, per la sua conformazione, impedisce che la
combustione continui nella vasca stessa.
Per macchine di potenza modesta si può ricorrere a pozzetti
prefabbricati.
I trasformatori, per facilitarne lo scorrimento, possono essere
forniti di rulli. Sopra il pozzetto di raccolta si pongono due guide a forma di
rotaia o a T. Una volta collocato il
trasformatore sulle guide, lo si fissa mediante appositi bulloni posti vicino
ai rulli.
I trasformatori sono caratterizzati dai seguenti parametri
elettrici nominali: potenza, frequenza, tensione primaria, tensione secondaria,
tensione di corto circuito, collegamento degli avvolgimenti, gruppo, perdite
nel rame e nel ferro. Tali dati sono stati formalizzati dalle Società
Distributrici. Ogni trasformatore è munito di un certo numero di accessori, tra
i quali i più importanti sono il commutatore di prese nell’avvolgimento
primario (da manovrare a trasformatore disinserito), il conservatore dell’olio,
il relè Buchholz ecc. (per trasformatori oltre i 400 kVA).
Quando la richiesta della potenza nominale è limitata ad una
giornata di otto ore lavorative, è consigliabile installare anche un
trasformatore di potenza ridotta (10 – 15 kVA), che entrerà in funzione nelle
ore non lavorative, per provvedere al servizio illuminazione. L’inserzione di
tale trasformatore comporta un risparmio di energia, in quanto minori saranno
per esso le perdite nel ferro. Inoltre si evita di far lavorare i trasformatori
di maggiore potenza a basso carico e quindi con un cosj inaccettabilmente basso. In
mancanza di una precisa richiesta del cliente è necessario determinare a priori
il valore della potenza massima contemporanea richiesta durante il ciclo
lavorativo, considerando il coefficiente di contemporaneità, di utilizzazione e
le perdite proprie del trasformatore.
La potenza di un trasformatore è limitata dalla temperatura
che esso assume durante il funzionamento, essendo questa in relazione al carico
e al tipo di raffreddamento adottato.
Occorre comunque tener conto che la vita utile
dell’isolante, secondo la regola pratica di Montsinger, si riduce alla metà per
incrementi della temperatura di 6-7°C.
Occorre perciò che i trasformatori a raffreddamento naturale
siano installati in un ambiente nel quale la temperatura non assuma valori
troppo alti. Di qui la necessità di provvedere alla ventilazione del locale
stesso.
Sulla parete prospiciente ogni macchina e più in basso
possibile occorrerà praticare una finestra, generalmente 60 x 80 cm dalla quale
possa entrare aria fresca, che, investendo le alette di raffreddamento del
trasformatore, ne asporta il calore. Quest’aria, riscaldandosi, si dilaterà,
salendo verso il soffitto. Nella parte superiore della cabina occorrerà aprire
una finestra, la cui luce sia pressappoco quella della finestra di immissione
di aria fredda. Così facendo verremo a creare una circolazione di aria che
manterrà le macchine a una temperatura di poco superiore a quella normalmente
assunta dall’ambiente. La costruzione delle finestre deve essere fatta in modo
che da esse non possano entrare animali (topi, uccelli) e acqua di
infiltrazione. Nel caso che vengano realizzati camini per migliorare
l’aerazione del locale, essi devono sopraelevarsi almeno di 50 cm dal tetto.
La scelta dei collegamenti da realizzare sugli avvolgimenti
primari e secondari è di grande importanza per il tipo di utenza che si vuole
alimentare, per il buon funzionamento delle macchine e per l’esecuzione del
parallelo con gli altri trasformatori. Se si desidera disporre sulla BT di due
valori di tensione, concatenata e di fase, l’avvolgimento deve essere
realizzato a stella o a zig-zag, con il punto neutro accessibile.
Nei trasformatori normalizzati l’avvolgimento di BT è
normalmente collegato a stella, per permettere di derivare dal centro stella
(generalmente collegato a terra) il neutro. Il collegamento a zig-zag è
limitato a casi particolari (industrie chimiche) dove è necessaria
l’eliminazione delle terze armoniche, ma comporta un costo maggiore nella
costruzione.
Le norme CEI consigliano l’impiego di trasformatori
appartenenti al gruppo angolare II.
Per poter garantire la costanza delle tensioni di fase nel
collegamento a stella e il funzionamento del nucleo magnetico a flusso
costante, l’avvolgimento primario deve essere collegato a triangolo.
L’installazione dei trasformatori deve essere eseguita seguendo
precise norme, onde evitare inconvenienti di varia natura, che possano incidere
sul funzionamento della macchina.
Nella cabina occorre che i conduttori a MT per arrivare al
trasformatore percorrano il più breve tratto possibile; quindi il trasformatore
viene posto in vicinanza del dispositivo di protezione da sovracorrenti. Un
robusto divisore in muratura deve separare le singole macchine, per evitare
che, in caso di scoppio, l’olio incendiato possa proiettarsi in tutte le
direzioni, provocando gravi danni.
Circuito Secondario
Il circuito secondario di una cabina di trasformazione è
costituito dal complesso di conduttori atti al trasporto dell’energia elettrica
dal trasformatore al quadro di distribuzione. Il circuito più semplice è quello
che prevede una sola linea di partenza dalla cabina: esso comporta l’impiego di
una sola apparecchiatura di manovra, che può essere un interruttore automatico
oppure un sezionatore sotto carico munito di fusibili ad alto potere di
interruzione.
Generalmente pero il circuito è più complesso per la
presenza di un sistema di sbarre derivate dalle linee di partenza.
Le apparecchiature di manovra sono solitamente un
interruttore generale e tanti interruttori quante sono le linee. A volte allo
stesso sistema di sbarre sono collegati i secondari di più trasformatori, ma è
opportuno rammentare che cosi facendo il valore della corrente di corto
circuito, dato che l’impedenza interna del circuito dei trasformatori
diminuisce.
Mentre per il circuito primario la sezione dei conduttori è
subordinata ad esigenze di carattere meccanico, per i circuiti secondari la
scelta dipende soprattutto dal valore di corrente da trasportare. Per
realizzare le connessioni si adottano in genere sbarre di rame, le cui
dimensioni (altezza e spessore) stanno nel rapporto di 10:1, ad esempio 20 x 2,
30 x 3, 40 x 4 ecc. La ragione di questa preferenza deve ricercarsi nella
relativa facilità di giunzione offerta dalle sbarre aventi le dimensioni
suddette, unitamente alla resistenza meccanica e alla buona superficie di
raffreddamento. Infatti, se l’impiego di una sbarra 50 x 10 è sconsigliabile
agli effetti del raffreddamento, sarebbe altrettanto sconsigliabile una sbarra
100 x 5 dal punto di vista meccanico. Inoltre nella scelta della sezione non è
sufficiente tener conto degli elementi sopra indicati, ma è necessario
subordinare la scelta ad altri fattori e precisamente: il costo di acquisto
delle sbarre di rame e il tempo richiesto per eseguire tutte le operazioni
connesse alla loro posa in opera.
Per quanto concerne la corretta disposizione delle sbarre
notiamo che è sempre consigliabile disporle di costa anziché di piatto, per
evitare nocive flessioni dovute al peso della stessa e favorire l’azione di
raffreddamento.
Qualora si debbano impiegare più sbarre in parallelo per
raggiungere una determinata sezione, esse non devono essere poste una contro l’altra,
ma a una distanza pari almeno allo spessore per facilitare la circolazione
dell’aria. D’altra parte i portasbarre che si trovano in commercio sono
previsti in modo che le sbarre risultino già distanziate tra loro. Per
distinguere le sbarre a BT da quelle a MT si adotta il colore blu, se si tratta
di conduttori di fase, ricorrendo invece al giallo per il neutro a terra e al
nero per il neutro isolato. Per la scelta delle sbarre in funzione della
corrente da trasportare si possono consultare le tabelle allegate alle norme
CEI.
Scelta la sezione, bisogna verificare se essa è in grado di
sopportare gli eventuali sforzi elettrodinamici in caso di corto circuito. Si
procede nel seguente modo:
dove F è lo sforzo a cui sono sottoposte le sbarre in caso di cc, mentre a è la distanza tra le sbarre
(di due fasi diverse) e 𝐼/ è la corrente di corto circuito. Si ricordi che a = 0.8 kV + 8; però, dato
che la tensione del circuito secondario è standardizzata a 400 V, la distanza a risulta essere sempre la stessa e quindi imposta dai portasbarre in commercio.
Calcolato F, determiniamo il carico cui è sottoposta la sbarra con la formula:

che la tensione del circuito secondario è standardizzata a 400 V, la distanza a risulta essere sempre la stessa e quindi imposta dai portasbarre in commercio.
Calcolato F, determiniamo il carico cui è sottoposta la sbarra con la formula:

dove l
è la distanza fra gli appoggi, normalmente uguale a 1 metro, b e h
sono le dimensioni della sbarra. Questo valore non deve superare il carico di
rottura massimo della sbarra; esso varia da 30 kg/mmq per le piccole sezioni (10
x 2 ¸
10 x 3) a 24 kg/mmq per le grandi sezioni (da 80 x 5 a 120 x 10). In caso che
questo valore venga superato, bisogna scegliere dalle tabelle una sezione
superiore e rifare le verifiche suddette.
Si consideri che il fenomeno
elettrodinamico va considerato anche sotto un altro profilo. Infatti, in
presenza di correnti sinusoidali lo sforzo varia nel tempo con una legge
decomponibile in una componente costante (valor medio) e in una componente
alternativa di frequenza doppia di quella della corrente (110 Hz).
La corrente può esprimersi sotto la forma
i = Im sin
t e lo sforzo
elettrodinamico, che è proporzionale al quadrato della corrente, può allora
scriversi:

Questa espressione mette chiaramente in
evidenza la componente costante e quella di frequenza doppia. È precisamente
quest’ultima che può creare qualche inconveniente, del che ci si rende conto se
si pensa che, considerando, per semplicità, un tratto della barra compreso fra
due isolatori, esso costituisce un sistema oscillante, la cui frequenza propria
dipende in modo più o meno complesso dalla lunghezza della tratta, dalle
dimensioni trasversali della barra, dal materiale che la costituisce. Il
pericolo si presenta se questa frequenza è molto prossima a 100 Hz, nel qual
caso, manifestandosi risonanza, si può avere amplificazione delle oscillazioni,
con conseguenti deformazioni e altri che è bene evitare.
dove:
E
=modulo di elasticità normale del materiale del conduttore (kg/mmq)
J
= modulo di inerzia della sezione della barra relativo all’asse
baricentrico perpendicolare alla direzione dello sforzo elettrodinamico.
p = peso in kg di un mm di lunghezza del
conduttore (kg/mm)
l = lunghezza di libera inflessione della
barra.
Per una barra di rame a sezione
rettangolare (b = 10 mm, h = 100 mm, l = 1000 mm) si ha F0 = 37 Hz.
Un caso particolare molto importante è costituito dalla così detta falsa
risonanza, provocata da una frequenza propria di oscillazione della sbarra
uguale a metà della frequenza dello sforzo elettrodinamico, cioè uguale alla
frequenza della corrente nei conduttori.
In corrispondenza di questa frequenza si
ha una notevole amplificazione degli sforzi elettrodinamici, che, senza
raggiungere i valori corrispondenti alla risonanza vera e propria, possono
tuttavia risultare molto pericolosi.
La scelta del portasbarre è legata alle
condizioni di esercizio, con particolare riguardo alle variazioni di
temperatura ambiente, che, in ultima analisi, si riflettono in dilatazioni e
contrazioni delle sbarre stesse.
Il problema del riscaldamento delle sbarre assume notevole
importanza quando le correnti in gioco sono di notevole entità e la densità di
corrente adattata è piuttosto elevata. Nell’impossibilità di installare il
conduttore in modo da consentire facili spostamenti assiali, è necessario
prevedere giunti di dilatazione da montare nelle parti dove presumibilmente si
verificheranno le massime deformazioni. Questi giunti sono realizzati mediante
piastre a bulloni passanti.
L’impiego di portasbarre implica l’adozione di isolatori.
Per quanto il fissaggio realizzato mediante isolatori e portasbarre in bronzo
sia da ritenersi il sistema più razionale e quindi di largo impiego, giova
ricordare che talvolta ragioni economiche o di ingombro impongono l’adozione di
altri sistemi di fissaggio.
Le soluzioni possono essere diverse. Ad installazione
ultimata tutte le mensole devono essere collegate fra loro con un conduttore di
terra; la sezione di questo conduttore non deve essere inferiore a 16 mmq,
conformemente alle norme CEI.
Quadri Elettrici
Secondo le norme CEI, per quadro di controllo e di comando
deve intendersi il complesso organico di dispositivi e apparecchi con relative
strutture portanti, alimentati da sistemi di categoria 0 o 1 e destinato alla
misura, al comando, alla segnalazione, al controllo e alla protezione dl
macchinario, dell’apparecchiatura e dei circuiti di una officina elettrica o di
un impianto utilizzatore.
A grandi linee i quadri elettrici possono essere
classificati, in relazione al genere di montaggio, in quadri ad armadi e in
piccoli quadri fissati a parete.
La tendenza più diffusa è di impiegare blocchi
prefabbricati, per cui la funzionalità e l’affidabilità della parte meccanica
risulta assoggettata al know-how delle Case Costruttrici. Comunque i canoni
fondamentali verso i quali si orienta la moderna progettazione dei quadri sono
la centralizzazione dei comandi e la razionale disposizione delle
apparecchiature, onde ridurre al minimo la possibilità e la conseguenza di
false manovre.
Con il termine Quadri ad Armadio si intende indicare quei
quadri la cui costruzione si estende fino al pavimento. Possono essere
addossati alla parete oppure montati isolati; in taluni casi si incastrano
direttamente in una parete. Il montaggio delle apparecchiature può effettuarsi
in uno dei seguenti modi:
1) Le apparecchiature sono fissate
dall’incastellatura, che deve essere munita di traverse, mentre al pannello di
lamiera sottile è affidata la sola funzione protettiva. Questa soluzione
presenta il vantaggio che, asportando il pannello frontale, si può accedere
facilmente alla parte interna per l’eventuale sostituzione delle
apparecchiature, per il controllo dei collegamenti ecc.
2) Le apparecchiature sono fissate direttamente
sulla lamiera del pannello, che per tale funzione deve essere sufficientemente
robusta (spessore 3 mm). Questa soluzione presenta il vantaggio della possibilità
di fabbricare i pannelli in serie, riducendone il costo; detti pannelli
consentono anche ampliamenti senza ricorrere ad adattamenti antiestetici. A
titolo informativo ricordiamo che le casse costruttrici hanno unificato la
larghezza dei pannelli nelle misure di 700 e 800 mm; l’altezza è di 2300 – 2500
mm e la profondità può essere di 600 e 800 mm per i quadri isolati, mentre può
essere di 876, 1200, 1500 mm per i quadri addossati a parete e con corridoio
posteriore.
In qualche caso è utile riportare lo schema di principio del
quadro stesso sul fronte del quadro. Una serie di lampade bicolore indica se un
determinato circuito è chiuso o aperto.
Con il termine Quadri a Parete si intende indicare un
limitato numero di apparecchiature di relativamente bassa potenza e meno
costosi dei quadri ad armadio. In questi quadri la costruzione non si estende
fino al pavimento, essendo applicati, a seconda delle circostanze, esternamente
alla parete o incassati. La costruzione del e il fissaggio delle apparecchiature
viene fatto come nei quadri ad armadio, del tipo a pannelli estraibili, con la
differenza che la posa di queste deve essere fatta in modo tale da consentire
il montaggio o l’eventuale sostituzione agendo esclusivamente sulla parete
frontale. Sul telaio devono anche essere previste le morsettiere per
l’allacciamento dei cavi e le staffette per l’amarraggio dei collegamenti.
Il quadro può essere costruito senza passaggio posteriore,
purché disposto in modo che nessun corpo estraneo possa venire in contatto con
le parti in tensione dietro al quadro, e che in ogni tempo si possano
verificare dal davanti e lateralmente le congiunzioni fra conduttori e
apparecchi.
Tutte le parti metalliche dei quadri (a pavimento e a
parete) devono essere collegate a terra.
Cenni sul Calcolo Elettrico
delle Linee BT
Il calcolo elettrico delle linee di distribuzione BT non può
essere disgiunto dal progetto elettrico complessivo della rete a cui esse
appartengono.
Questo studio, partendo dall’analisi del tipo, della consistenza
e della ubicazione degli utenti da servire, deve portare alla definizione e al
coordinamento delle caratteristiche funzionali di tutti i componenti della rete
e alla scelta della sua più idonea configurazione circuitale. A questo scopo
dovranno essere considerate non soltanto le condizioni di regime normale del
sistema, ma anche tutte le possibili condizioni di emergenza (dovute a guasti),
nelle quali la bona qualità e la continuità del servizio devono essere il più
possibile tutelate.
Particolare attenzione deve essere rivolta ai prevedibili
futuri aumenti della richiesta di energia da parte della utenza e alle
conseguenti necessità di potenziamento e di espansione della rete. Generalmente
il dimensionamento delle strutture viene previsto già inizialmente per almeno
il 50% in più della potenza richiesta, anche se questo comporta un sensibile
aumento degli oneri patrimoniali relativi al capitale impegnato; va infatti
considerato che tali costi vengono in buona parte compensati dalla diminuzione
delle perdite di energia dovute al trasporto e consentono di limitare le future
spese di adeguamento dell’impianto alle aumentate richieste di energia.
Come appare evidente da quanto sopra detto, il progetto
delle reti BT è articolato e complesso; esso affronta argomenti specifici non
del tutto pertinenti alla finalità del presente lavoro. Nel seguito pertanto
verranno dati soltanto alcuni cenni sui criteri generali che governano il
calcolo delle linee e verranno forniti gli elementi per una sommaria verifica
del comportamento elettrico.
Il calcolo delle linee di distribuzione si basa sulla
definizione delle loro condizioni limite di funzionamento riferite alla massima
corrente che può essere sopportata dai conduttori in regime permanente e alle
massime variazioni della tensione ammissibile ai fini del corretto
funzionamento degli apparecchi utilizzatori.
I valori massimi della corrente stabiliti sono stati
determinati tenendo conto del riscaldamento dei conduttori per effetto joule,
in funzione delle massime temperature che essi possono sopportare per lunghi
periodi di tempo senza danneggiarsi. Per quanto concerne le variazioni della
tensione alle prese di utente, si ritiene che esse in regime normale non
debbano superare il 4%. Infatti gli apparecchi utilizzatori in genere sono
previsti per funzionare a tensione costante e alcuni di essi sono
particolarmente sensibili alle variazioni di tensione. Per esempio la vita
delle lampade a incandescenza si accorcia se esse vengono alimentate a tensione
superiore alla nominale, mentre nel caso contrario esse riducono sensibilmente
la loro emissione luminosa.
A volte nei calcoli si considerano accettabili anche cadute
di tensione maggiori, in considerazione della possibilità di regolare (a vuoto)
la tensione secondaria del trasformatore MT/BT.
Alcuni interruttori di BT possono essere muniti di relè di
minima tensione a scatto istantaneo o con ritardo di intervento di qualche
secondo. Possono, inoltre, essere dotati di bobina di apertura e/o di chiusura
per comando a distanza e di una serie di contatti ausiliari per la segnalazione
a distanza della posizione dell’interruttore.
Il valore della capacità di interruzione deve essere
commisurato al valore della corrente di corto circuito che il trasformatore può
far circolare nella peggiore delle ipotesi ossia quella di un corto circuito
franco ai morsetti di uscita dello stesso. Il valore suddetto si ottiene
mediante la seguente relazione:


Per più macchine funzionanti in parallelo il valore di
si ottiene sommando quelli relativi alle
singole macchine.

Normalmente sui quadri di BT vengono anche installati
strumenti per la misura di tensione, corrente, potenza attiva e reattiva, cosj ed energia.
Per facilitare al personale adibito alla manutenzione
l’individuazione dei rispettivi circuiti, i fili e i morsetti devono essere
contraddistinti da una lettera e/o da un numero.
Protezioni contro le Sovratensioni
Le sovratensioni che si possono verificare nelle cabine di
trasformazione sono di varie specie:
- sovratensioni di origine atmosferica
- sovratensioni dovute all’esercizio
- sovratensioni dovute a contatti accidentali fra la parte a
media tensione e la parte a bassa tensione dell’impianto
Le sovratensioni di origine atmosferica, causate sulle reti
di distribuzione da fulminazioni dirette o da cariche statiche, sono frequenti
durante i temporali; i loro effetti sono tanto maggiori quanto più estesa è la
rete in linea aerea. Data la impossibilità di impedirne la presenza, occorre
fare in modo che esse si scarichino a terra prima che la loro azione possa
danneggiare i trasformatori e gli impianti. Ciò si ottiene applicando a monte
dell’impianto gli scaricatori. Questi apparecchi, realizzati con costruzioni
diverse, applicano il principio della graduazione dell’isolamento, ossia sono
isolati verso terra per il valore della tensione di esercizio e divengono
conduttori per valori maggiori, ripristinando l’isolamento primitivo, una volta
assolta la loro funzione protettiva.
Le sovratensioni dovute a causa di servizio si originano in
concomitanza a bruschi distacchi di carico e a guasti sui cavi, nei quali la
conseguenza più frequente è la messa a terra di una fase che sollecita
maggiormente verso terra tutte le apparecchiature, elevando il valore della differenza
di potenziale verso terra al valore della differenza di potenziale tra le fasi.
In linea generale la protezione contro queste sovratensioni deve essere fatta a
priori, esigendo cioè che tutte le apparecchiature, interruttori, trasformatori
ecc. siano, all’atto del collaudo, provati verso massa, per il tempo di un
minuto, con una tensione pari a due volte la tensione nominale più mille volt.
Per la protezione contro contatti accidentali della parte ad
alta tensione con la parte a bassa tensione si adoperano dispositivi per la
messa in corto circuito e a terra dell’impianto a bassa tensione oppure relè di
massima tensione agenti sulla bobina di sgancio posta sull’interruttore
generale di protezione dei trasformatori.
La messa a terra degli scaricatori non presenta nulla di
sostanzialmente diverso da qualunque altro impianto di messa a terra, ma
presenta aspetti particolari che è indispensabile considerare quando se ne
prevede l’installazione. L’efficacia della protezione da sovratensioni di
origine atmosferica attuata mediante scaricatori è legata, oltre che da una
accurata scelta del tipo di apparecchiature da adottare, anche da una corretta
installazione.
La scelta della posizione dove installare lo scaricatore
deve essere effettuata in relazione alle macchine o al particolare tipo di
impianto da proteggere. Inoltre la connessione della protezione all’impianto di
terra deve essere realizzata in modo da ridurre le probabilità di tensioni di
passo e di contatto pericolose.
A titolo orientativo si può ritenere che, nel caso di
correnti di scarica dell’ordine di 5000 A, per un valore di resistenza di terra
di 5 Ohm e una lunghezza del conduttore di connessione di 10 mt., il valore
della caduta di tensione può aggirarsi sull’ordine dei 35 kV. La quota di
maggiore rilievo è quella relativa alla resistenza di terra, che risulta di 25
kV. È quindi opportuno limitare quanto più possibile la lunghezza delle
connessioni sia tra la linea e lo scaricatore, sia tra scaricatore e impianto
di terra. Inoltre, onde evitare valori troppo elevati delle tensioni di passo,
è necessario che il valore della resistenza di terra sia il minimo ottenibile,
possibilmente non superiore a qualche Ohm. A tal fine è consigliabile
installare in prossimità del conduttore di terra degli scaricatori un
dispersore (generalmente a picchetto), che consente di realizzare un contatto
diretto con il terreno. In questo modo è possibile ridurre le tensioni di passo
e di contatto e si evitano al restante impianto di terra le sollecitazioni
conseguenti al passaggio di un valore di corrente molto più elevato di quello
per il quale l’impianto di protezione è stato calcolato.
In merito ai materiali e ai tipi di conduttore da usare per
dispositivi di protezione, le Norme CEI prescrivono che per gli scaricatori non
possano essere impiegati conduttori di terra di acciaio o costituiti da cavi con
nastratura di acciaio, né conduttori protetti con tubi di acciaio, a meno che
questo non sia tagliato longitudinalmente. Infatti nel caso che un qualsiasi
elemento metallico formi attorno al conduttore di messa a terra una spira
chiusa, questa sarebbe sede di intense correnti indotte ed inoltre
determinerebbe un aumento dell’impedenza del circuito di messa a terra al
passaggio della corrente di messa a terra. È ammesso invece come conduttore di
terra l’utilizzazione delle strutture metalliche che sorreggono gli
scaricatori.
Ricordiamo che la sezione dei conduttori di terra degli
scaricatori a tensione nominale di U
kV non deve essere inferiore ai seguenti valori (espressi in millimetri
quadrati):
24 + 0.4 U per conduttori in rame
40 + 0.6 U per conduttori di alluminio
Il collegamento a terra deve essere fatto con conduttori di
sezione non inferiore a 25 mmq e in ogni caso proporzionati alle
caratteristiche degli scaricatori. Inoltre i conduttori devono essere protetti
contro i contatti accidentali che possono verificarsi durante la fase di
scarica a terra.
Il circuito per la messa a terra deve essere realizzato in
modo che il conduttore non sia sottoposto a sforzi meccanici né al pericolo di
rapida corrosione o di logoramento meccanico. Se necessario, il conduttore di
messa a terra degli scaricatori può
Circuito di Messa a Terra
È evidente che essendo la terra da considerare a potenziale zero,
chi venga a contatto con una qualsiasi apparecchiatura isolata e in tensione è
soggetto per la legge di Ohm ad essere percorso da una corrente direttamente
proporzionale alla differenza di potenziale fra il punto di contatto e la
terra. Tale corrente è indirettamente proporzionale alla resistenza complessiva
del conduttore interposto. Quindi tutte le apparecchiature portanti e le
carcasse delle macchine (interruttori e trasformatori) avendo la possibilità,
per la rottura di un isolatore o per un guasto interno, di essere portate dai
conduttori che le dovessero eventualmente toccare, allo stesso potenziale di
essi, costituirebbero un grave pericolo per chiunque venisse con loro a
contatto, per necessità di manovra.
Per ovviare a questo grave inconveniente occorre collegare
tutte le apparecchiature e le carcasse a dispersori
di terra, in modo da far fluire attraverso conduttori, a resistenza
ridottissima, la corrente verso la terra, impedendo contemporaneamente che
queste parti assumano potenziali pericolosi.
La resistenza dell’impianto di terra deve essere tale che
per la massima corrente di guasto a terra non si verifichino in nessun punto,
all’interno o all’esterno della cabina, tensioni di passo e di contatto
superiori ai seguenti valori:
-
50 V quando non si provvede all’eliminazione
rapida del guasto a terra
-
125 V quando si provvede all’eliminazione del
guasto entro un secondo
-
250 V quando si provvede all’eliminazione del
guasto a terra entro mezzo secondo
La verifica di tali valori è obbligatoria, ma può essere
evitata se la tensione totale verso terra è inferiore a 200 V. Ne deriva che,
conoscendo la massima corrente It che può essere dispersa a terra in
caso di guasto, il valore di resistenza dell’impianto di terra è determinato
dalla relazione:
Rt = 200/It
È opportuno inoltre tenere presente che un impianto di terra
dimensionato per un guasto sulla parte alta tensione può non essere adeguato
per un guasto in bassa tensione, essendo diverse le correnti da considerare e i
dispositivi di protezione utilizzabili.
Generalmente l’impianto di terra delle cabine è costituito
da dispersori ad anello o a maglia (integrati eventualmente da picchetti del
tipo cilindrico) che possono assumere le configurazioni seguenti.
Dispersori posti all’esterno della cabina.
Il dispersore ad anello, interrato nudo ad almeno 0.5 mt di
profondità, deve essere disposto perimetralmente alla cabina ad una distanza di
almeno 1 mt per limitare le eventuali tensioni di contatto con parti metalliche
esterne alla cabina. I conduttori che collegano il conduttore di terra con i
dispersori devono essere realizzati in treccia di rame isolato della sezione
minima di 16 mmq o nuda di sezione di 50 mmq e posati ad almeno 0.5 mt di
profondità. I picchetti devono essere collocati in appositi pozzetti
ispezionabili, con coperchi isolanti per evitare pericolose tensioni di passo.
Dispersori posti all’interno
della cabina
Il conduttore di terra è costituito da una specie di rete
magliata, integrata con picchetti, posta nel pavimento della cabina alla
profondità di circa 0.2 ¸
0.5 mt, realizzata con una treccia continua di rame nudo della sezione di 50
mmq, che parte da un dispersore, segue un percorso a forma di “otto”, unendosi in 4 o 5 punti al
collettore di terra e che ritorna dopo aver unito tutti i dispersori a quello
di partenza. Nei punti di intersezione la treccia di rame deve essere congiunta
mediante saldatura forte, legatura metallica o morsetti.
Caso misto
Vengono applicati contemporaneamente ambedue i metodi di
installazione descritti. È questo il caso delle cabine conglobate nei
fabbricati, dove cioè è spesso impossibile realizzare impianti di terra con
valori di resistenza idonei a limitare le tensioni di passo e di contatto entro
i valori prescritti dalle norme. È quindi necessario installare dispersori nel
terreno libero più vicino, collegandoli al collettore con un conduttore
disposto lungo il percorso dei cavi che arrivano alla cabina.
Per le cabine collegate a reti di cavi interrati si possono
utilizzare come dispersori di terra le guaine metalliche dei cavi, qualora esse
siano previste per questo scopo, la rete dei cavi sia sufficientemente estesa e
l’impianto di terra così costituito abbia una resistenza tale che non si
possano verificare tensioni di passo e di contatto superiori a quelle indicate
precedentemente.
Tutti i conduttori di protezione devono fare capo al
collettore, il quale è costituito generalmente da una bandella di rame fissata
alle pareti all’altezza di circa 0.3 mt dal pavimento, per mezzo di morsetti
metallici non isolati. I morsetti vanno posti a distanze non superiori a 0.8 mt
e devono consentire di lasciare lo spazio tra muro e piattina di 2 o 3 cm per
il fissaggio dei conduttori di protezione. La piattina di rame da usare è di
solito della sezione di 30 mmq.
Il percorso del collettore di terra deve seguire tutto il
perimetro della cabina di trasformazione e le giunzioni necessarie devono
essere eseguite per sovrapposizione, con quattro chiodi ribattuti, e saldatura
forte o con morsetti e bulloni, mentre si devono escludere quelli a saldatura
dolce.
Al collettore di terra devono essere collegati:
a) le parti metalliche accessibili delle macchine e
delle apparecchiature, le intelaiature di supporto degli isolatori e dei
sezionatori, i ripari metallici di circuiti elettrici
b) gli organi di comando a mano delle
apparecchiature
c) le cornici e i telai metallici che circondano
fori o dischi di materiale isolante attarversati da conduttori e le flange
degli isolatori passanti
d) l’incastellatura delle sezioni di impianto
e) i serramenti metallici delle cabine, purché
l’impianto di terra locale non dia luogo a tensioni di passo e di contatto
pericolose anche nei riguardi di chi provenga dall’esterno della cabina o
transiti nelle vicinanze
Per l’esecuzione dei circuiti di protezione si devono usare
conduttori di rame con sezione non minore di quelle indicate dalle norme,
effettuando il collegamento diretto con il collettore e quindi senza utilizzare
le armature metalliche o le casse delle macchine come conduttori di terra.
Qualora le tensioni di passo e di contatto superino i valori
massimi previsti dalle norme, devono essere prese opportune precauzioni (pedane
isolani, tappeti, pavimentazioni isolanti ecc.). Se tali accorgimenti non sono
attuabili, le zone stesse devono essere rese inaccessibili, per esempio tramite
recinzioni.
Protezioni
La continuità del servizio e l’incolumità del personale
addetto alla conduzione si realizzano con una serie di protezioni di diversa
natura.
In linea generale esse possono essere cosi suddivise:
a) protezioni elettriche
b) protezioni meccaniche
c) protezioni antincendio
a – Protezioni elettriche. Esse riguardano le protezioni per
sovracorrenti e sovratensioni, ampiamente trattate precedentemente. È opportuno
aggiungere una trattazione riguardante il relè Buchholz, che protegge il
trasformatore contro guasti interni. Il suo principio di funzionamento è basato
sulla formazione di bolle di gas che si vengono a creare nel trasformatore in
caso di funzionamento anomalo. Questo relè viene installato sui trasformatori
dotati di conservatore d’olio. Esso consta, in linea di massima, di un
recipiente applicato sul canale d’olio che collega il cassone del trasformatore
con il conservatore e nel quale si trovano due apparecchiature di contatto: la
superiore, costituita da un galleggiante, agisce in seguito alla formazione di
una piccola bolla di gas, dovuta a guasti di piccola entità, come per esempio
per piccole perdite di olio nel cassone. Il suo intervento provoca un allarme
acustico. Il secondo dispositivo è costituito da una sfera riposante sul fondo
dell’apparecchio di fronte alla bocca prospiciente il cassone, funziona quando
la spinta della bolla d’olio, dovuta ad un grave guasto, è sufficiente a far
spostare la sfera stessa, che provoca la chiusura di un contatto, il quale
provvede all’apertura dell’interruttore di protezione del trasformatore.
b - Protezioni meccaniche.
Si intendono tutti quegli accorgimenti destinati a evitare contatti accidentali
da parte di persone o di cose con le apparecchiature o conduttori sotto
tensione. La forma più comune di protezione è costituita da reti metalliche che
si frappongono a una distanza in cm definita dalla relazione
d = 0.7 kV +
7
Opportune protezioni devono anche essere poste all’ingresso
della cabina e alle finestre per impedire l’ingresso di corpi esterni.
Infine accenneremo alle pedane isolanti, sulle quali si deve
porre l’addetto per effettuare manovre sulla parte MT. Queste pedane costruite
in materiale isolante devono essere montate su isolatori di porcellana, al fine
di garantire un ottimo isolamento da terra.
C – Protezioni antincendio. Particolare attenzione deve
essere posta nel risolvere il problema relativo alla protezione antincendio, a
cui le cabine sono facilmente soggette. Una prima protezione contro gli incendi
è offerta dal pozzetto d’olio, già trattato in precedenza. Al pozzetto d’olio
va affiancato un sistema di estintori, i quali non devono essere né idrici né a
schiuma, essendo questi liquidi conduttori. Verranno quindi usati estintori ad
anidride carbonica e polvere isolante e a tetracloruro.
Protezione dai campi magnetici
Premesso che il problema riguarda principalmente i campi
magnetici, perché i campi elettrici sono di entità non significativa ai fini
della pericolosità per la salute, la mitigazione dei campi si può realizzare
sia mediante schermi di materiale ferromagnetico che mediante schermi
conduttori.
L’azione schermante migliora all’aumentare dello spessore
dello schermo, come pure della permeabilità magnetica (schermo ferromagnetico),
della conducibilità elettrica (schermo conduttivo) e al diminuire della
distanza tra la sorgente del campo e lo schermo. L’installazione degli schermi,
tuttavia, può risultare onerosa, specialmente se non è realizzata all’atto
della costruzione della cabina. Misure di validità generale, e che di solito
non presentano difficoltà realizzative insuperabili, consistono nel disporre
lontano quanto possibile dalle pareti confinanti con aree frequentate da
persone. Questo vale, per esempio, per i passanti di bassa tensione del
trasformatore MT/BT. Altra misura importante consiste nel ridurre la distanza
fra i conduttori, se unipolari, perché in questo modo i campi generati dai
singoli conduttori tendono a elidersi a vicenda.
L’azione degli schermi elettrici risulta più efficace a
distanze maggiori dalla sorgente del campo, rispetto agli schermi magnetici.
Tuttavia, poiché il meccanismo d’azione risiede nella creazione di correnti
parassite nei primi millimetri sotto la superficie del metallo, lo schermo
conduttore è sensibile alla componente ad esso perpendicolare del campo
magnetico e quindi, perché risulti efficace, bisogna preventivamente valutare
l’andamento del campo e poi determinare la forma e la disposizione di questo
schermo. Viceversa, lo schermo magnetico per funzionare al meglio dovrebbe
racchiudere la sorgente.
continua