martedì 9 gennaio 2018

Una potenziale conseguenza del corto circuito: l’incendio

Una delle possibili conseguenze negative del corto circuito è l’innesco di un incendio. Ciò accade soprattutto per i corto circuiti a fondo linea, quindi con correnti relativamente basse, non correttamente protette.
Si definisce “incendio” la rapida ossidazione non voluta e incontrollata di materiali combustibili, che sviluppa notevoli quantità di calore, fumo e gas caldi, in ambienti non predisposti a contenerlo. Nelle reazioni di combustione i reagenti hanno più energia dei prodotti di reazione e la differenza di energia è pari al calore prodotto.

Gli effetti che un incendio genera sulle persone sono legati allo sviluppo di calore, gas e fumi. In particolare:

-       il 65% delle cause di decesso è in correlazione alla inalazione di gas tossici o asfissianti derivanti dalla combustione di materiali naturali o sintetici.
-       Il 25% è dovuto all’esposizione ad alta temperatura generante ustioni, disidratazione, arresto della respirazione e alterazione delle funzioni biologiche.
-       Il restante 10% è dovuto a crolli e cedimenti strutturali.

La maggior parte dei decessi, quindi, sono causate dai prodotti volatili generati dalla combustione. Particolare importanza e pericolosità è da ascrivere alla presenza dei fumi, che già in concentrazione del 4% rendono l’aria irrespirabile. Il fumo, inoltre, riducendo la visibilità, ostacola lo sfollamento, costringendo le persone a inalare una maggiore quantità di gas tossici.
Il fumo è una miscela complessa di particelle solide in aerosol, di composti gassosi e di nebbie di vapore d’acqua, derivante dall’evaporazione dell’umidità dei combustibili e dalla combustione dell’idrogeno, con altre particelle liquide.

Si consideri che un chilogrammo di legna produce sei metri cubi di fumo. A titolo di esempio, possiamo ragionevolmente supporre che in una stanza ammobiliata di 20 metri quadrati vi siano almeno 100 kg di legna. In caso di incendio si svilupperebbero 600 mc di fumo. Quel che è peggio è che se bruciano 10 kg. di legna al minuto, dato senz’altro realistico, già dopo un minuto si hanno nell’ambiente 60 mc di fumo e nei pochi minuti successivi verranno invasi i piani superiori, se non adeguatamente protetti.
Se immaginiamo che un incendio si verifichi al piano terra e che la tromba delle scale sia accessibile al fumo, il primo piano sarà invaso dopo due minuti. Dopo sei minuti il fumo sarà arrivato al decimo piano, che avrà tutti i corridoi bloccati e la vista oscurata dopo soli dodici minuti.
Dopo un quarto d’ora toccherà al quindicesimo piano, se esistente.
Come si vede, la quantità di fumo che si sviluppa negli incendi è notevole e nella maggioranza dei casi invade gli ambienti molto prima che si raggiunga la temperatura di 50°, che è quella massima alla quale si può ancora respirare per un certo tempo.

Un altro importante aeriforme che si sviluppa durante gli incendi è l’ossido di carbonio. È un gas tossico, spesso presente in grandi quantità negli incendi, di cui costituisce il pericolo più grande. È sempre presente quando si tratta di fuochi covati in ambienti chiusi, con scarsa ventilazione e in tutti i casi in cui scarseggia l’ossigeno necessario alla combustione.
L’azione tossica del monossido di carbonio è dovuta al fatto che esso altera la composizione del sangue, formando con l’emoglobina la carbossiemoglobina e impedendo la formazione dell’ossiemoglobina, che è l’elemento vitale per l’ossigenazione dei tessuti del corpo umano.
L’esposizione in ambiente con l’1.3% di monossido produce incoscienza quasi istantanea (dopo due o tre inalazioni) e la morte dopo pochi minuti. Fortunatamente la reazione del CO con l’emoglobina è reversibile, per cui una somministrazione di ossigeno puro può contrastarla. La terapia con ossigeno iperbarico riduce notevolmente la mortalità e le complicazioni neurologiche.
Anche altri gas si sviluppano o possono svilupparsi durante gli incendi. Tra questi l’anidride carbonica, che ha effetto asfissiante, e l’acido cloridrico, irritante, che viene prodotto dalla combustione dell’isolante di alcuni cavi elettrici. In totale, le sostanze tossiche che si possono sviluppare in un incendio sono più di trecento.

Altro effetto fondamentale che si verifica durante gli incendi è la massiccia produzione di calore, che costituisce peraltro la principale causa di propagazione dell’incendio.
Una temperatura dell’aria di 150°C è da ritenere la massima sopportabile per brevissimo tempo, sempre che l’aria sia sufficientemente secca. Come visto, tuttavia, negli incendi sono presenti notevoli quantità di vapore d’acqua.
Il limite di sicurezza di irradiazione dell’energia termica per una persona vestita per lungo tempo è di 1.4 kW/mq. Già con 2 kW/mq si hanno scottature di secondo grado. Con 40 kW/mq si ha solo l’1% di probabilità di sopravvivenza. Si noti inoltre che l’ingente quantità di calore prodotta in molti incendi è tale da innescare l’incendio anche in locali adiacenti, per esempio separati da pareti e quindi senza diretto contatto con il fuoco. Con circa 26 kW/mq si verifica l’innesco di incendi di materiale infiammabile.
L’effetto del calore si fa sentire anche sulle strutture degli edifici coinvolti.
I mattoni pieni presentano buona resistenza al fuoco, con superficiale fusione e vetrificazione sotto l’azione del calore.
I mattoni forati sono soggetti a fratture fragili da sforzi di taglio indotti dalle differenze di temperatura tra i vari strati.
Le malte di cemento liberano acqua di cristallizzazione e si degradano.
Il calcestruzzo presenta un comportamento al fuoco dipendente dalla natura degli inerti, dalla granulometria e dal grado di costipamento. In generale, è soggetto ad una diminuzione sia della resistenza a compressione che del modulo di elasticità. L’acciaio per cemento armato è caratterizzato da permanenza della resistenza a rottura fino a 350°C e progressiva diminuzione, fino al dimezzamento a circa 500°C e annullamento completo a 800°C. Anche la tensione di snervamento, dopo i 250°C inizia a diminuire, fino ad annullarsi a 750°C.

Alcuni parametri della combustione sono fondamentali per valutarne l’evoluzione.
In questa sede non ci soffermeremo sulla vasta materia dei criteri e delle norme di protezione e di prevenzione incendi, ma ci limiteremo semplicemente a definire i principali parametri che servono a valutarne la potenziale pericolosità.

Si definisce Temperatura di Infiammabilità la minima temperatura alla quale una sostanza emette sopra la sua superficie libera gas o vapori in quantità sufficiente a formare con l’aria miscele aventi concentrazione compresa nei limiti di infiammabilità. Questi sono:
Limite di Infiammabilità Inferiore, che indica la concentrazione minima di combustibile atta a generare la combustione (al di sotto di esso la concentrazione di combustibile è troppo bassa per innescare la combustione).
Limite di Infiammabilità Superiore, che indica la concentrazione massima di combustibile per cui si può innescare la combustione (se la quantità di combustibile è superiore a questo limite, non vi è sufficiente comburente, cioè ossigeno, perché la reazione di ossidazione, cioè a dire la combustione, possa aver luogo).
Esempi esplicativi dell’importanza dei limiti di infiammabilità si hanno nelle centrali termiche a metano degli edifici e nei locali batterie (per esempio nelle sottostazioni elettriche o nelle centrali di telefoniche), dove si ha produzione di idrogeno.
Per l’idrogeno, ad esempio, il Limite di Infiammabilità inferiore è del 4%, mentre il Limite Superiore è il75%.
Per il Metano questi limiti son il 5 e il 15% rispettivamente. Per entrambi non si definisce una Temperatura di Infiammabilità, perché sono dei gas.
Per la benzina il punto di infiammabilità è di -12°C. Al di sotto di questa temperatura un fiammifero acceso su una pozza di benzina non la farebbe infiammare. I limiti di infiammabilità sono 0.7 e 5.9%.
La ventilazione assicurata nei locali per centrali termiche mediante opportune aperture ha lo scopo di ridurre la concentrazione del gas al di sotto del limite di infiammabilità. Viceversa, quando intervengono e sospettano che un ambiente sia saturo di gas (per esempio avvertendo un odore intenso, nonostante vi siano luci accese) i Vigili del Fuoco si guardano bene dall’aprire avventatamente le finestre, prima di aver preso tutte le necessarie precauzioni per evitare scintille, perché altrimenti la diminuzione della concentrazione del gas, scendendo al di sotto del limite superiore di infiammabilità, causerebbe la deflagrazione.
Temperatura di Ignizione, infine, è la temperatura alla quale un combustibile inizia a bruciare spontaneamente in presenza di ossigeno, senza necessità di innesco.
Per l’idrogeno e per il metano questa temperatura vale 500° e 537°C rispettivamente.
Per la benzina l’ignizione spontanea avviene a 280°C.

La possibilità di innesco di un incendio reale è condizionata dai parametri sopra definiti. La sua entità è condizionata dai seguenti tre fattori principali:


  1.                        Carico di fuoco Q
  2.                        Ventilazione
  3.                        Caratteristiche degli elementi di delimitazione del compartimento
                                                  
dove Q è il Carico di Incendio (in kg di legna /mq)
gi è il peso in kg del generico fra gli n combustibili che si prevedono presenti nel locale
Hi è il potere calorifico superiore (in kcal/kg) del generico fra gli n combustibili di peso gi
A è la superficie orizzontale del locale
4400 è il potere calorifico superiore del legno, in kcal/kg.
Poter Calorifico è la quantità di calore sviluppata dalla combustione di una quantità unitaria di combustibile a pressione atmosferica e a 0°C.
Potere Calorifico Superiore è il calore sviluppato dalla reazione allorché tutti i prodotti della combustione sono alla temperatura ambiente e quindi l’acqua prodotta è allo stato liquido.
Potere Calorifico Inferiore: l’acqua prodotta è allo stato di vapore.

Il Carico di Incendio esprime dunque la dipendenza dell’incendio dalla tipologia e dalla quantità di combustibili presenti nel locale. Per definizione costituisce la quantità di calore Q sviluppabile nella combustione completa dei materiali combustibili contenuti nel locale, compresi i rivestimenti dei muri, delle pareti provvisorie, dei pavimenti e dei soffitti.

Da un punto di vista dinamico, una volta verificatesi le condizioni di innesco (per esempio superamento della temperatura di ignizione) e indipendentemente dalla sua entità, un qualsiasi incendio evolve sempre secondo le seguenti quattro fasi:

      Fase di Ignizione, dipendente dai seguenti fattori:
a.     Infiammabilità del combustibile
b.     Possibilità di propagazione della fiamma
c.     Geometria e volume degli ambienti
d.     Possibilità di dissipazione del calore nel combustibile
e.     Ventilazione dell’ambiente
f.      Caratteristiche superficiali del combustibile
g.     Distribuzione nel volume del combustibile

      Fase di Propagazione, caratterizzata da:
a.     Produzione dei gas tossici e corrosivi
b.     Riduzione di visibilità a causa dei fumi
c.     Aumento della partecipazione alla combustione dei combustibili solidi e liquidi
d.     Aumento rapido delle temperature
e.     Aumento dell’energia di irraggiamento

        Incendio Generalizzato (Flash-Over)
a.     Brusco incremento della temperatura
b.     Crescita esponenziale della velocità di combustione
c.     Forte aumento di emissioni di gas e di particelle incandescenti, che si espandono e vengono trasportate in senso orizzontale e, soprattutto, in senso ascensionale. Si formano zone di turbolenze visibili.
d.     I combustibili vicini al focolaio si autoaccendono, quelli più lontani si riscaldano e raggiungono la loro temperatura di combustione con produzione di gas di distillazione infiammabili.

        Estinzione e Raffreddamento
Quando l’incendio ha terminato di interessare tutto il materiale combustibile, ha inizio la fase di decremento delle temperature all’interno del locale, a causa della progressiva diminuzione dell’apporto termico residuo e della dissipazione di calore attraverso i fumi e i fenomeni di conduzione termica.

Nella figura si vedono il grafico rappresentante la sequenza delle quattro fasi descritte sopra e la stessa sequenza come si modifica a causa dell’effetto di raffreddamento generato dall’azione di un impianto sprinkler.